L’obiettivo sembra disfare l’istituto: etero od omosessuale, finalizzato o no all’avere figli
Marina Corradi
Avvenire 23 aprile 2005
Era stata una delle prime promesse di José Luis Zapatero, appena eletto: matrimoni e adozioni per gli omosessuali, divorzi velocissimi. Le macerie di Madrid erano ancora ferita aperta, ma il premier pareva sentire urgente, in quel suo mandato conquistato sull’onda di una devastante emozione, annunciare l’inizio della liberazione della Spagna. Da che? Dal giogo dell’oscurantismo cattolico, naturalmente.
Mancando da qualche lustro dalle chiese, probabilmente a Zapatero erano sfuggite alcune svolte nella sua ex cattolicissima Spagna. In ogni caso, la legge pro nozze e adozioni gay, e per il divorzio più fulmineo d’Europa – tre mesi – ha viaggiato con tempi da procedura d’emergenza. Presentata come un dono agli spagnoli durante le feste di Natale, e approvata in Camera bassa ieri, a due giorni dalla elezione di Benedetto XVI, l’ex prefetto per la Congregazione della fede che definì in una celebre Lettera l’inclinazione omosessuale «intrinsicamente disordinata». Dove sappiamo che pensar male non bisogna, anche se, come insegna un senatore di lunghissimo corso, a volte non si sbaglia. Era, evidentemente, questione molto urgente quella dei matrimoni omosessuali. I numeri del resto parlano chiaro. Secondo l’ultimo censimento svolto in Spagna nel 2004, le coppie omosessuali conviventi erano 10.474 a fronte degli oltre nove milioni e 500mila di coppie eterosessuali. Vale a dire lo 0, 11 % della popolazione. Non che le minoranze non abbiano diritti. Ma si stenta a credere che in Spagna, come in qualsiasi altro Paese, minoranze ben più consistenti non abbiano urgenze altrettanto serie da vantare, e tali da meritare la stessa sollecitudine. Ma, si dirà, era questione di principio. Di non discriminazione. In realtà, il governo Zapatero con questa legge sta passando come un carrarmato sopra il parere del Consiglio di Stato, che ha affermato: che non esiste un diritto costituzional e all’unione di persone dello stesso sesso; che non accettare un matrimonio tra omosessuali non può qualificarsi come discriminazione; che è possibile, attraverso figure giuridiche diverse da quella del matrimonio, concedere alcuni effetti giuridici alle unioni tra omosessuali (come è stato fatto in Francia coi Pacs). Le 500mila firme raccolte dal Forum delle famiglie spagnolo, la petizione firmata, per la prima volta nella storia, da cattolici, protestanti, ortodossi e ebrei spagnoli, insieme, hanno avuto la stessa sorte: carta straccia. Ora, quando un governo tanto strenuamente si impegna ad approvare per direttissima una legge che premia i diritti dello 0,11% della popolazione, è chiaro che ha un disegno. Che non è la soddisfazione dei gay, né improbabili adozioni che pare difficile dei giudici concedano, almeno finché considerino i bambini come soggetto, e non oggetto di diritti. Perché vero matrimonio, e non un semplice patto, un Pacs? Si capisce di più se si guarda a quell’altra legge appaiata: divorzio in tre mesi. Il vero obiettivo allora sembra disfare il matrimonio: etero o omosessuale, finalizzato o no all’aver figli, è indifferente. Comunque, renderlo semplice relazione sociale, sessuale, al massimo assistenziale, di cui si possa agevolmente sbarazzarsi – figli compresi. Fra uomo o donna, o altra combinazione, a questo fine non conta. Il matrimonio, con tutte le sue fatiche, serviva alla stabilità sociale e al ricambio generazionale. Era strumento per continuare. Gli Zapateri, alfieri della liberazione da questo mondo oscurantista, non vedranno il mondo liberato da quell’anticaglia. Ma i nostri figli, purtroppo, forse sì.
Tratto da:
http://www.db.avvenire.it/avvenire/edizione_2005_04_23/articolo_536499.html