Lo spettro della super moschea: «Vogliono occupare la Toscana»
Il tempio, finanziato dal Montepaschi, diventerà un polo a livello nazionale, Colle Val d’Elsa nei disegni del centrosinistra diventerà il simbolo dell’integrazione e della tolleranza…
Mentre Oriana Fallaci dal suo avamposto di Greve in Chianti scriveva invettive contro l’Islam, la Toscana si islamizzava col beneplacito delle giunte rosse. Comunismo e islamismo vanno a braccetto in un connubio antioccidentale e antiamericano. Le moschee si sono moltiplicate, sostenute dagli enti locali, senza controlli sulle prediche degli imam. Esempi inquietanti non mancano: la moschea di Sorgane, al pianterreno di un condominio in periferia a Firenze, è finita due volte sotto inchiesta prima a causa del suo leader spirituale Rafik, condannato per la strage del maggio 2003 a Casablanca, e poi per il successore Rachid, accusato di istruire aspiranti kamikaze da inviare in Irak. Dalle intercettazioni emerse anche l’intenzione di far saltare in aria «i Gigli», uno dei più grandi centri commerciali tra Prato e Firenze. E un imam sicuramente «moderato» come Elzir Izzedin, che guida la comunità musulmana fiorentina, appena entrato nel direttivo dell’Ucoii, ha firmato il manifesto in cui si paragonava Israele alla Germania nazista definendo quell’annuncio «un messaggio di pace». L’Islam moderato anche in Toscana va cercato col lanternino. Yassine Belkassem, esponente della comunità marocchina, e promotore di un’integrazione dei musulmani nel rispetto delle leggi italiane, fu cacciato da un’assemblea di giovani islamici a Chianciano e uscì dalla sala scortato dalla Digos.
La via toscana all’Islam si chiama soprattutto Colle Val d’Elsa, provincia di Siena, 20mila abitanti, che tra un paio d’anni ospiterà la moschea più importante della regione: tremila metri quadri complessivi, 600 dei quali al coperto, con un minareto alto 12 metri. La stessa che suscitò l’ira della Fallaci che si disse pronta a «farla saltare in aria». Il tempio nascerà dopo una valanga di polemiche, su un terreno concesso gratis dal Comune e sarà finanziata per metà (300mila euro) dalla Fondazione Monte dei Paschi. Letizia Franceschi, presidente del comitato anti moschea, attacca: «È un intervento sproporzionato rispetto alla locale comunità musulmana e perciò inspiegabile. Perché dobbiamo diventare la capitale dell’Islam?». Qui è arrivata la massima disponibilità degli enti locali, con i due sindaci ds – Marco Spinelli e Paolo Brogioni – pronti a stringere un patto con i musulmani. Qui sono arrivate risorse importanti. Colle Val d’Elsa, nei disegni del centrosinistra, deve diventare il simbolo dell’integrazione e della tolleranza. Pazienza se in una terra rossissima come questa, dove gli ordini di partito significano sempre qualcosa, hanno avuto grande successo le petizioni anti-moschea (la prima arrivò in un batter d’occhio a 4mila firme, un quinto della popolazione); se due referendum sono stati dichiarati inammissibili dal consiglio comunale; se un ricorso al Presidente della Repubblica attende dal marzo 2004 un pronunciamento del Consiglio di Stato. «Partirà la costruzione della moschea – dice Franceschi – e rischiamo di non aver ottenuto risposta dalla giustizia».
A Firenze l’integrazione musulmana è lontana: il centro è invaso dai vu’ cumprà, specializzati nella contraffazione di griffe ed è un proliferare di phone center più volte finiti nel mirino della Procura. Il mercatino multietnico che doveva garantire il rispetto della legge, è fallito. Quartieri storici come San Lorenzo, sempre più simili a un suk arabo, si stanno ribellando all’abusivismo e al degrado tollerato dalla giunta. L’assessore-sceriffo Graziano Cioni aveva teorizzato la «tolleranza zero» ma ha lasciato degenerare la situazione e ora chiede una legge speciale.
Firenze ospita tre centri islamici, ma la grande moschea ancora non c’è, anche se l’anno scorso l’allora capogruppo Ds in Comune, Ugo Caffaz, esponente di spicco della comunità ebraica, rilanciò la proposta di costruirla. E nella centralissima via Ghibellina i residenti protestano per le preghiere recitate a voce alta fino a tarda sera durante il Ramadan e per la pratica della purificazione del corpo che molti musulmani svolgono alla fontana del parco, prima delle funzioni. «Troppe volte – spiega il senatore di Fi, Paolo Amato – in questi centri operano predicatori d’odio collegati a centrali internazionali del terrorismo. Come facciamo ad essere sicuri, se non si impone che le prediche siano svolte in italiano? Non sono chiese o sinagoghe, ma luoghi per il controllo di coscienze, idee e attività di intere comunità».
A Prato, la questione musulmana passa in secondo piano di fronte all’enorme impatto della comunità cinese, 30mila persone, un sesto della popolazione. Ma la moschea di vicolo de’ Gherardacci, in pieno centro, rappresenta un punto di aggregazione e confronto non sempre facile con i residenti. «L’immenso problema cinese, pure irrisolto – spiega Giuseppe Nardini, presidente dell’Unione commercianti – non ha mai fatto prendere seriamente in considerazione cosa rappresenti per tanti italiani il centro islamico realizzato alle spalle del Duomo. La nostra cultura e le nostre tradizioni non sono rispettate e chi parla di integrazione, non capisce che la comunità musulmana è la prima a non volersi integrare».
di Orlando Pacchiani
Il Giornale n. 269 del 14-11-06 pagina 11