L’Europa si rifà il look e strizza l’occhio agli omosex
Il Trattato europeo si firma, per la seconda volta in tre anni, senza nominare i simboli. E nemmeno le radici giudaico-cristiane, per non scandalizzare i filo-massoni…
Scompaiono dalle istituzioni europee la bandiera con le dodici stelle e l’Inno alla gioia di Beethoven. Sopravviveranno ufficiosamente ma, per far contenti tutti, il Trattato europeo si firma, per la seconda volta in tre anni, senza nominare i simboli. E nemmeno le radici giudaico-cristiane, per non scandalizzare i filo-massoni à la Chirac. Ora sono ventisette i Paesi comunitari che dovranno ratificarlo. Per evitare sgradite sorprese, come quelle uscite nel 2005 dai referendum francese e olandese, stavolta si aggirerà l’ostacolo del consenso popolare. Dovunque, tranne che in Irlanda, dove la Carta fondamentale impone il ricorso al referendum, si passerà dai Parlamenti nazionali, con l’obiettivo di far approvare il documento prima delle elezioni Europee 2009. Dopo la firma della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, avvenuta mercoledì a Strasburgo, anche il Trattato va incontro, con la stessa formulazione, alle aspettative dei gay con l’articolo 5, che recita: «Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione mira a combattere le discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale». Con la differenza che il riferimento all’orienta mento sessuale, già contenuto nella Carta dei diritti, lanciata come documento non vincolante dal Trattato di Nizza, con quello di Lisbona diventa vincolante. Una frasetta, che obbligherà ad adeguare gli ordinamenti nazionali ad applicare le orme anti-omofobia. A meno di una petizione popolare.
LIBERO 14 dicembre 2007