La Ru486 arriva in Italia
Monsignor Sgreccia: «Un veleno, non un farmaco»
Il Consiglio di amministrazione dell\’Aifa ha approvato l\’immissione in commercio in Italia della pillola abortiva Ru 486 che, oltre a provocare l’aborto, ha già causato la morte di almeno 29 donne nel mondo.
Monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia pro Vita, ha ribadito che: «La Ru486 comporta la scomunica per le donne che vi fanno ricorso così come per i medici che l’hanno prescritta. Perché la sua assunzione è analoga a tutti gli effetti all’aborto chirurgico».
A un passo dall’ultimo passaggio tecnico per la commercializzazione della pillola abortiva Ru486, il CdA dell’Agenzia del farmaco (Aifa) è rimasto barricato in una drammatica riunione terminata solo a notte fonda. Sei lunghe ore di discussione per l’imprimatur definitivo (a maggioranza, quindi senza l’unanimità) alla pastiglia, basata su un ormone in grado di provocare l’aborto farmacologico, che è da cinque anni al centro di aspre polemiche. Al punto che l’Aifa ha posto un ulteriore vincolo all’uso della Ru486: sarà possibile somministrarla solo entro le prime 7 settimane dal concepimento. E subito scoppia la bufera: e scatta la scomunica da parte del Vaticano.
Le principali accuse rivolte finora all’utilizzo del mifepristone (questo il nome del principio attivo) riguardano l’imprecisata incidenza delle infezioni gravi, il rischio di una privatizzazione dell’aborto e l’incongruenza con l’applicazione della legge 194. Ieri è arrivata anche la scomunica del Vaticano. «La Ru486 comporta la scomunica per le donne che vi fanno ricorso così come per i medici che l’hanno prescritta. Perché la sua assunzione è analoga a tutti gli effetti all’aborto chirurgico», ha spiegato monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita. Anche perché, ha continuato il prelato, «se non funziona il farmaco c’è l’obbligo dell’aborto chirurgico». Sgreccia ha stigmatizzato i rischi per la madre, attribuendo al farmaco «una valenza del veleno, non a fine di salute, ma a fine di morte».
Rischi per la donna – Anche se il dato non è nei verbali del Comitato tecnico dell’Aifa dal 1988 sono stati 29, in tutto il mondo, i casi di donne decedute dopo la pillola abortiva. Eppure, nelle sue controdeduzioni, la casa farmaceutica produttrice francese Exelgyn ha chiarito: «Si tratta di casi in cui il nostro mifepristone è stato preso fuori delle indicazioni. Quelle donne non sono morte di aborto». Su questo punto monsignor Sgreccia ha ribattuto: «Dietro la commercializzazione ci sono interessi economici. La Ru486 è stata pensata per curare una disfunzione della ghiandola sub-renale. Poi non ha funzionato e, per non perdere l’investimento, la casa produttrice l’ha riconvertita come “facilitante” per l’aborto».
Sta di fatto che all’Aifa la decisione importante era già stata presa nel febbraio 2008, sotto la direzione di Nello Martini, quando la commissione tecnico-scientifica espresse parere positivo. Non a caso, i dati del ministero della Salute, aggiornati ad aprile 2008, registrano 2.293 casi di aborto praticato con la Ru486 nelle regioni (Toscana, Emilia Romagna, Marche e provincia di Trento) che avevano dato l’assenso alle sperimentazioni.
Decisione tecnica – Già in vendita all’interno dell’Unione Europea in Francia, Gran Bretagna e Svezia, per il farmaco della Exelgyn è stata infatti attivata (di default, cioè in automatico in base ai regolamenti comunitari) la cosiddetta procedura di “mutuo riconoscimento”. Dopo l’autorizzazione degli organi tecnici dell’Aifa a esprimersi è stata la commissione prezzi e rimborsi ne, che ne ha anche deciso il prezzo, il più basso in Europa: ci vorranno 14,28 euro per acquistare la confezione da una compressa e 42,80 euro per quella da tre. «Non ci siamo fatti condizionare», ha spiegato il direttore generale dell’Aifa Guido Rasi. «Spesso sui farmaci si aprono dibattiti, come è giusto che sia poiché si tratta di prodotti che hanno a che fare con la nostra salute, ma noi siamo tecnici».
Scomunica del Vaticano – "La decisione dell’Aifa a favore della commercializzazione – secondo il sottosegretario, non è scontata, alla luce delle 29 morti tra donne in vari Paesi del mondo causate dalla Ru486. Sulla sicurezza della pillola, dunque, "persistono molte ombre"", ha scritto il quotidiano vaticano. È stato poi monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita, a spiegare che l\’uso della pillola in questione comporta la scomunica per le donne che vi fanno ricorso così come per i medici che l’hanno prescritta perché la sua assunzione è analoga a tutti gli effetti dell’aborto chirurgico. "Dal punto di vista canonico è come un aborto chirurgico" sottolinea il vescovo.
. Non manca nulla. Cosa diversa è la pillola del giorno dopo, che, pur rivolta ad impedire la gravidanza, non interviene con certezza dopo che c’è stato il concepimento. Per la Ru486, quindi, c’è la scomunica per il medico, per la donna e per tutti coloro che spingono al suo utilizzo. Rimango allibito dall\’atteggiamento dell\’Aifa (agenzia italiana per i farmaci)" ha anche detto Sgreccia e "spero – ha aggiunto – che ci sia un intervento da parte del governo e dei ministri competenti" perché la pillola abortiva RU486 "non è un farmaco, ma un veleno letale".
La legge sull’aborto – Il farmaco è stato classificato tra quelli di “fascia H”, cioè somministrabile solo in ospedale. Ma è proprio su questo punto, cioè sulla possibilità che il reale processo abortivo avvenga in concreto fuori dai centri sanitari, che si concentra chi sostiene l’incompatibilità della Ru486 con la legge 194. La pillola, infatti, produce l’aborto farmacologico «entro 15 giorni dal momento dell’assunzione». Tuttavia i protocolli adottati dalle regioni prevedono un ricovero più breve. In Emilia Romagna, ad esempio, si procede con un day hospital di appena tre giorni. «È un metodo che porta intrinsecamente le donne a abortire a domicilio, in una sorta di clandestinità legale », ha ribadito il sottosegretario Eugenia Roccella, da sempre contraria alla commercializzazione. «Temo che ci possa essere un peso ideologico che oscuri la sua compatibilità con la legge 194», ha concluso. Dall’opposizione ha risposto l’ex ministro della Sanità Livia Turco (Pd): «Questi non sono temi da crociata. La validità di un farmaco è stabilita da organismi tecnici». Sullo stesso tema è intervenuto, con un’interpellanza parlamentare, anche Francesco Cossiga. Con tanto di dati della letteratura scientifica: «Il 15% delle donne sottoposte al trattamento», ha denunciato Cossiga, «abortisce dopo il quarto giorno dalla somministrazione, mentre il 5-8% deve sottoporsi a un intervento all’utero per aborto incompleto».
LIBERO 31 luglio 2009
Monsignor Sgreccia: «Un veleno, non un farmaco»
E Fisichella: «Aggrava l\’emergenza educativa»
Monsignor Elio Sgreccia, emerito presidente dell\’Accademia per la vita, sulla Ru486 e la decisione dell\’Aifa di permetterne l\’uso anche in Italia ha auspicato "un intervento da parte del governo e dei ministri competenti". Perché – spiega – non "è un farmaco, ma un veleno letale" che mina anche la vita delle madri, come dimostrano i 29 casi di decesso. La Ru486 – ha continuato mons. Sgreccia – è uguale, come la Chiesa dice da tempo, all\’aborto chirurgico: un "delitto e peccato in senso morale e giuridico" e quindi comporta la scomunica latae sententiae, ovvero automatica.
Nel caso della "Ru486 – ha ribadito mons. Sgreccia – si tratta sempre di una seconda corsia per praticare l\’aborto di cui non ci sarebbe bisogno a quanto riconoscono in tanti, anche non cattolici". "Gli aborti – ha aggiunto – sono già troppi mentre i figli sono pochi e la pillola abortiva grava non solo sulla salute delle donne ma sull\’intera società e il suo sviluppo". Eppoi – ha aggiunto – "contrariamente a quello che si dice non riduce affatto né il dolore né la sofferenza per la donna così come non è vero che non ci sia rischio di vita", "come dimostrano già le 29 vittime attestate".
Fisichella: «È sempre aborto».
Sulla stessa linea monsignor Rino Fisichella, presidente della pontificia Accademia per la vita: "No alla pillola Ru486 perché è oggettivamente un male – ha spiegato – e per non incorrere negli effetti collaterali del farmaco: nel mondo sono morte diverse donne". L\’arcivescovo ha ribadito la contrarietà della Chiesa alla pillola Ru486, ricordando che per il Vaticano "la soppressione dell\’embrione di fatto è la soppressione di una vita umana: che ha dignità e valore dal concepimento alla fine. E il fatto che assumere una pillola possa essere meno traumatico per una donna non cambia la sostanza, sempre aborto è".
Si tratta a tutti gli effetti, osserva, "di una tecnica abortiva" e quindi "è ovvio che le conseguenze canoniche siano le stesse previste per l\’aborto chirurgico", ovvero la scomunica automatica. Contro l\’aborto, sostiene l\’arcivescovo, è necessario "formare la coscienza delle persone, aiutare l\’educazione dei giovani, collaborare con la famiglia, la scuola e le istituzioni affinché le nuove generazioni comprendano il valore fondamentale della vita e quindi il valore dell\’affettività, della sessualità e dell\’amore nel loro giusto contesto, e non come un capriccio".
La posizione della Cei.
Un chiaro no alla pillola abortiva era stato ribadito con forza anche dai vescovi nel Consiglio episcopale permanente del gennaio scorso, quando il tema fu sollevato dal presidente, card. Angelo Bagnasco, proprio in apertura dei lavori: "si è avuta notizia in queste settimane che sarebbe imminente il via libera alla circolazione della pillola Ru486" aveva detto il cardinale chiedendo ai responsabili politici di valutare bene anche i "danni" fisici, ormai "documentati", derivanti dall\’assunzione di tale farmaco.
Avvenire 31 Luglio 2009