Sembra riscuotere consensi il “delitto contro il sentimento per gli animali”, al suo ingresso nel codice penale. Chi abbandona o maltratta un cane rischia anche un anno di carcere. Disfarsi di un animale domestico è crudele, maltrattarlo è sadico, e dunque dura lex sed lex, si perde il posto, la famiglia alla fame, ma con i diritti degli animali non si scherza. Senonché, nello stesso giorno, quasi inosservata le agenzie lanciano brevemente la notizia che Veronica, una delle tre giovani assassine di Maria Laura Mainetti, la suora della Valchiavenna assassinata in nome del demonio, affidata a una comunità di recupero dopo soli quattro anni di carcere è già fuori.
Inevitabile allora che il pensiero corra a quel delitto premeditato con freddezza da tre amiche di 17 anni. In un primo tentativo è proprio Veronica a telefonare a suor Laura dicendosi incinta e bisognosa di aiuto. 19 coltellate, colpi di pietra a finirla mentre pregava, in ginocchio davanti a quelle tre bambine che la schernivano: “Ora, prega il tuo Dio”. E poi, in tribunale, lo scontro fra gli psichiatri. Capaci o no le tre di intendere e di volere? Quanto a Veronica si stabilisce che al momento dell’accanimento feroce lo era solo “parzialmente”. Tuttavia, secondo i periti ,”persona socialmente pericolosa”. Scontata metà della pena, come prevede la legge, fuori dal carcere, in una comunità terapeutica. Dove, pare, dipinge belle porcellane; e dove il fratello si augura che si penta. Una stentata manciata d’anni è trascorsa da quella sera di inganno, dalla telefonata bugiarda e concitata, dall’accorrere ingenuo della suora all’imboscata. Niente di improvvisato: già s’era fatto il giuramento col sangue delle tre, e il primo tentativo fallito. La capacità d’intendere, può darsi, era parziale, ma il piano, quanto lucido e preciso.
E tutto questo vale quattro anni di prigione: poi si va in comunità a dipingere, che è un’altra cosa. Un anno, nello stesso Codice, a chi abbandona un cane.
Forse allora, da una parte o dall’altra, qualcosa c’è che non funziona nella logica del sistema. O è draconiana la punizione del “delitto contro il sentimento per gli animali”, o è troppo debole la pena per chi ammazza gli uomini, e le donne, in particolare con premeditazione, e a pietrate.
Singolare contraddizione, eppure entrambe le derive appartengono alla stessa cultura: l’uomo senza peccato, l’uomo di Rousseau nato buono e dunque facilmente rieducabile – come se il male non fosse mistero, e profondissimo. E, d’altro canto, unica vera colpa dell’uomo oggi confessata, quella contro l’ambiente, l’aria, i boschi, la fauna, e quindi accettata e quasi richiesta un’esemplare punizione dei trasgressori.
Due diverse, in fin dei conti, declinazioni del “politicamente corretto”, con esiti paradossali. Chi si macchia del delitto contro “il sentimento per gli animali” è additato alla pubblica vergogna. Il “sentimento per gli esseri umani” riscuote invece meno consensi. Donato Bilancia, serial killer dei treni, viene intervistato sulla Rai con deferenza. Il padrone di un allevamento di visoni, portato davanti alle telecamere, susciterebbe più sdegno fra il pubblico che l’assassino di 17 persone. No, qualcosa non torna.
Marina Corradi
Avvenire 10 Luglio 2004
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