In ogni angolo del mondo, sempre più, i cattolici vengono perseguitati per legge ed, in nome della legge, viene imposto il pensiero unico. Per introdurre l’educazione di Stato, imbavagliando le esperienze educative confessionali; per impedire ai volontari pro-life di evitare aborti e pregare per la vita; per convincere che, in taluni casi, un figlio non sia un dono, ma un danno.
Attenzione, perché ora i cattolici vengono perseguitati per legge. Non è necessario eliminarli fisicamente, basta render loro la vita un inferno, facendo saggiare l’esperienza kafkiana di aule di tribunale, in cui rispondere di reati assurdi, stabiliti da norme e codicilli altrettanto inverosimili.
Gli episodi di questo tipo si stanno moltiplicando esponenzialmente, come dimostra la cronaca, anche limitandosi ai soli casi recenti (ma l’elenco potrebbe continuare).
Argentina: il bavaglio alle scuole cattoliche
In Argentina un progetto di legge costringe le scuole cattoliche ad impartire l’educazione sessuale imposta dallo Stato mediante un apposito programma nazionale, uguale per tutti, ed impedisce loro di trasmettere la pedagogia ed i principi educativi fondanti ciascun istituto.
Si tratta di una forma di coercizione e di indottrinamento autoritario, volutamente intercurricolare e tale da ridurre gli spazi di discrezionalità propri dei docenti. Infischiandosene della religione e delle convinzioni educative proprie degli alunni e delle loro famiglie. E guai al primo che osi ribellarsi. Diverrebbe automaticamente un fuorilegge.
Regno Unito: indottrinamento Lgbt
Un altro esempio. In una quarantina di scuole superiori della Gran Bretagna sono state vietate le gonne ed è stato imposto un abbigliamento neutro.
La norma prevede per tutti maglia e pantaloni, ma è consentito anche che i maschi si vestano da femmine. Sarebbero vergognose e ridicole le contraddizioni imposte dal totalitarismo Lgbt, se non fossero in realtà tragiche.
La novità è stata accolta ovviamente con euforia dalle varie sigle omosessuali, mentre le cronache non parlano di reazioni o di critiche particolari da parte del mondo cattolico. D’altronde, sono queste le regole ora, no?
Non è tutto. Il premier inglese, Theresa May, ha annunciato la decisione del suo governo di proibire in tutti i modi, legislativi e non, le terapie di riorientamento sessuale per soggetti Lgbt. Il provvedimento intende essere parte di un più vasto piano d’azione, che vuole promuovere una società definita più «inclusiva», stanziando per questo un budget record di 4,5 milioni di sterline pari a circa 5 milioni di euro.
Per questo il governo ha messo a punto un sondaggio, che ha coinvolto oltre 108.000 individui Lgbt: di questi, il 2% ha dichiarato di aver frequentato terapie di conversione sessuale, mentre il 5% ha dichiarato di aver ricevuto una proposta in tal senso.
Secondo Theresa May, il Regno Unito dovrebbe «sentirsi orgoglioso di essere un leader mondiale» nel campo dei “diritti” Lgbt: «Nessuno dovrebbe mai nascondere chi sia o chi ami», ha aggiunto, proponendosi di compiere «passi concreti» verso un cambiamento «reale e duraturo» nella società.
Sconcerta il fatto che, a sdoganare un progetto tanto aggressivo in senso progressista, sia stato un esecutivo conservatore. Ma tant’è. Anche qui è la legge. E guai al primo che vi si opponga.
Aborto: ora è vietato anche pregare
Che in Occidente, comunque, non vi sia più alcuna libertà religiosa, né di opinione è reso chiaro, anzi chiarissimo, dalla decisione della Corte suprema inglese di vietare categoricamente qualsiasi veglia di preghiera dinanzi all’ingresso delle cliniche abortiste, divieto già emesso in prima istanza dal consiglio comunale del distretto di Ealing, Londra, per disperdere i manifestanti davanti all’ospedale “Marie Stopes” e creare attorno alla struttura una sorta di “zona di esclusione” di almeno cento metri.
Il provvedimento è stato voluto, per impedire alle donne, che abbiano scelto di interrompere la propria gravidanza, di entrare in contatto coi volontari dei gruppi pro-life, vanificando il loro operato, e ricevere da loro aiuti, materiali, medici e psicologici, che possano distoglierle dal loro proposito e convincerle ad accogliere la vita, che accolgono in grembo. Un’autentica violenza, non c’è che dire. Ma stabilita da giudici, ergo inappellabile.
Italia: quando il figlio è “un danno”…
Anche l’Italia non è esente da un’applicazione davvero incomprensibile della legge, una legge che arriva ad equiparare un figlio ad un danno anziché ad un dono. Il tribunale civile di Pordenone ha stabilito il diritto al risarcimento per i genitori di un bimbo down. L’Aulss 4 Veneto Orientale e l’ex-primario di Ostetricia e Ginecologia di Portogruaro han dovuto versare loro quasi mezzo milione di euro per omessa diagnosi di malformazione genetica.
La battaglia giudiziaria era iniziata nel 2012, per ottenere l’accertamento della responsabilità personale del medico e della struttura sanitaria presso cui prestava servizio in libera professione. In particolare, il sanitario è accusato di non aver informato la gestante, poco più che ventenne, circa esami di indagine prenatale come l’amniocentesi e la villocentesi, benché non privi di rischi ed invasivi, quindi pericolosi per il bimbo in grembo.
Davvero triste la motivazione della sentenza: nascita indesiderata del figlio causata da errore medico. Secondo il giudice, si tratterebbe di «un caso paradigmatico di lesione di un diritto della persona», tale da costringere il «danneggiato» (attenzione, non si parla di genitore, ma di “danneggiato”: anche le parole hanno un senso e l’antilingua dilaga…) a «condurre, giorno per giorno, una vita diversa e peggiore di quella che avrebbe altrimenti condotto».
Chissà, se al figlio di questa coppia capitasse un giorno di leggere questa sentenza, cosa potrebbe pensare del fatto d’esser stato considerato dai suoi genitori un danno da risarcire, una «lesione di un diritto» e la causa che ha costretto i suoi genitori a condurre «una vita diversa e peggiore» rispetto a quella che avrebbero altrimenti condotto? Lasciamo la risposta alla coscienza di ognuno… Eppure, piaccia o non piaccia, anche questa è legge e la sentenza ne è la meccanica applicazione.
Spagna: bandita l’ora di religione
Ancora. Il ministro della Pubblica Istruzione spagnolo, Isabel Celaá, nel corso di un’intervista al quotidiano El País, ha dichiarato di ritenere che la religione non possa avere valore accademico, né contare per determinare la media, ergo ha deciso di rimpiazzarla con una sorta di educazione civica obbligatoria in chiave iperfemminista, che dunque già ora sa molto di indottrinamento e che infatti ha già raccolto la protesta corale di tutte le scuole cattoliche.
Indottrinamento, oltre tutto, in contrasto con la Costituzione spagnola, che all’art. 27.3 assegna ai genitori il diritto d’assicurare ai loro figli «un’istruzione religiosa e morale in accordo con le loro convinzioni». Ma le Sinistre sembrano molto determinate a smantellare tutto quanto sappia di incenso a colpi di decreti ministeriali, provvedimenti governativi, disposizioni di Stato. È l’esecutivo, no, a detenere il potere legislativo? E allora chi se ne importa della Costituzione?
Canada: libertà religiosa sospesa per legge
Spostiamoci in Canada, dove sei anni fa ebbe inizio il caso della Trinity Western University, che decise di aprire una Facoltà di Giurisprudenza, l’unica in tutto il Paese. Per questo, chiese a tutti, docenti e studenti, di sottoscrivere un codice di condotta ispirato alla morale cattolica, quindi anche di «astenersi da qualsiasi attività sessuale che violi la santità del matrimonio tra un uomo ed una donna». A quel punto varie organizzazioni giuridiche immediatamente denunciarono tale codice, opponendo un fermo veto a qualsiasi forma di accreditamento per gli eventuali laureati, usciti da quel campus.
Campus, da notarsi, da vent’anni in fase di progetto e già approvato dal ministero per l’Educazione Avanzata del British Columbia, che ha tuttavia immediatamente revocato l’autorizzazione a fronte delle critiche levatesi. Citata in giudizio, l’Università ha ottenuto due vittorie legali – nel British Columbia e in Nova Scotia – ed una sconfitta, nell’Ontario.
Il caso giunse alla Corte Suprema, che lo scorso 15 giugno con 7 voti a favore e 2 contrari, ha bollato come discriminatorio il codice nei confronti degli individui Lgbt ed ha quindi annullato l’autorizzazione. I vertici dell’Università hanno espresso la propria delusione per questa sconvolgente decisione, che rappresenta un pericoloso precedente, poiché pregiudica l’effettiva partecipazione alla vita sociale da parte di tutti gli istituti educativi cristiani.
Secondo Paul Coleman, direttore esecutivo di Adf International, «le università e le scuole confessionali», così come anche le cliniche ed i centri di servizi, «dovrebbero esser liberi di agire conformemente alle fede che insegnano e cui aderiscono» in base ad un ovvio principio di «libertà religiosa» altrimenti affermata a parole, ma negata nei fatti. Ed, in effetti, la Corte Suprema ha incredibilmente definito addirittura accettabile porre limiti «proporzionati e ragionevoli» alla libertà religiosa di un’università cristiana. Si tratta di una decisione più vicina ad un regime totalitario che ad uno Stato di diritto. Tanto da spingere gli stessi Vescovi ad esprimere una ferma condanna in merito alla sentenza.
Il ritorno del Leviatano
L’elenco potrebbe continuare, pressoché infinito. Potremmo citare la legge sulla depenalizzazione dell’aborto in Argentina e quant’altro. Ma basta questo per fornire già in modo evidente le coordinate di un sistema e di un metodo ormai imperante ovunque, sempre più simile al Leviatano di Thomas Hobbes che a quelle “democrazie partecipative”, di cui pure esso stesso si dice vate e fautore.
Giorno dopo giorno, si stanno scardinando tutti gli assi portanti di un’architettura giuridica davvero umana, costruita con secolare saggezza ispirata a valori autentici, per rimpiazzarla con un’ingegneria tecnocratica posticcia e disumana, pronta a schiacciare il bene comune ed i diritti della persona, basi della convivenza civile, in nome dell’assurdo totalitarismo di un pensiero unico, la cui fisionomia appare sempre più chiara, grottesca ed orribile. A fronte di tutto questo, non serve rassegnarsi, né tanto meno disperarsi.
Tornano piuttosto alla mente le parole dell’enciclica Evangelium Vitae, laddove Giovanni Paolo II definì tutto questo «l’esito nefasto di un relativismo, che regna incontrastato». In questo modo «la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo».
«Siamo di fronte solo ad una tragica parvenza di legalità e l’ideale democratico, che è davvero tale quando riconosce e tutela la dignità di ogni persona umana, è tradito nelle sue stesse basi». In realtà, «si sono già innescati quei dinamismi, che portano alla dissoluzione di un’autentica convivenza umana e alla disgregazione della stessa realtà statuale» (n. 20). Nessuna circostanza, «nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla Legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa e proclamata dalla Chiesa» (n. 62).
Cattolici chiamati alla testimonianza
Di fronte ad una legge «iniqua», che, in quanto tale, «cessa di essere legge e diviene un atto di violenza» o «corruzione della legge», come scrisse san Tommaso nella Summa Theologiae, e che «per ciò stesso cessa di essere moralmente obbligante» (Evangelium Vitae, n. 72), il cattolico ha il «grave e preciso obbligo di opporsi mediante obiezione di coscienza» (n. 73).
I cattolici, dunque, così come le persone di buona volontà, sono chiamati oggi alla pubblica testimonianza. Vivendo «in fedeltà e coerenza con la legge del Signore» (Evangelium Vitae, n. 28). Anche quando questo comporti non solo l’altrui incomprensione, bensì anche eventuali costi amministrativi e giudiziari.
D’altronde, «è proprio dall’obbedienza a Dio – al quale solo si deve quel timore che è riconoscimento della Sua assoluta sovranità – che nascono la forza e il coraggio di resistere alle leggi ingiuste degli uomini. È la forza e il coraggio di chi è disposto anche ad andare in prigione o ad essere ucciso di spada, nella certezza che “in questo sta la costanza e la fede dei santi”» (Evangelium Vitae, n. 73). Di quelle che nel 1995, anno di emanazione dell’Evangelium Vitae, parvero forse parole forti, oggi si riscopre tutta l’attualità, la verità, la validità e la concretezza.