La nuova sfida per il controllo delle moschee

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Morire per il velo? Perché i terroristi islamici in Iraq condannano a morte due giornalisti francesi per una legge che in Francia vieta l’ostentazione dei simboli religiosi nelle scuole pubbliche? E perché gli integralisti islamici, anche in Italia, celano malamente il loro profondo imbarazzo tra l’inevitabile presa di distanza dal terrorismo e la reiterata condanna di una legge considerata ostile all’islam?

Magdi Allam
Il Corriere della Sera 31.8.2004



Questo inedito atto terroristico ha già fatto esplodere le radicate contraddizioni tra le molteplici anime dell’islam. Se per gli esponenti moderati il velo è una manifestazione di libertà della donna, per gli integralisti è una trincea in cui attestarsi per promuovere il loro progetto di monopolio del potere sulle comunità musulmane. In quest’ambito i terroristi sono sia dei nemici, sul piano tattico dei mezzi impiegati, sia soprattutto dei rivali, sul piano strategico del fine da conseguire. Diciamo subito che in Italia la questione del velo islamico sostanzialmente non ci riguarda. In primo luogo perché i musulmani rappresentano solo l’un per cento della popolazione e non circa il dieci per cento della Francia. Di donne velate se ne vedono pochissime in giro e, ciò che più conta, la loro presenza non ha assunto quella dimensione di sfida politica che in Francia è stata percepita dallo stesso Chirac come una «forma di aggressione».


In secondo luogo perché in Italia il cosiddetto «popolo delle moschee» costituisce solo il cinque per cento del milione di musulmani, contro il dieci per cento della Francia. In terzo luogo perché lo Stato italiano ha finora prudentemente autorizzato l’esposizione del velo musulmano in tutti i luoghi pubblici, riconducendolo alla sfera delle libertà individuali. Ebbene è più che mai opportuno chiarire che questa percezione, che si ispira alla nostra cultura e alle nostre leggi liberali, non corrisponde al convincimento degli integralisti islamici. C’è un sottile ma fondamentale equivoco in cui incappano facilmente l’Italia e più in generale l’Occidente.


Mentre noi invochiamo, legittimamente e in buona fede, la tutela di una libertà individuale, per gli integralisti islamici il velo è tutt’altro che facoltativo, è esplicitamente un obbligo religioso. La stessa parola «diritto», in arabo haqq, per loro è sinonimo di «diritto coranico» (haqq shar’i). Ciò che per l’Occidente è un diritto individuale, per gli integralisti islamici è un diritto religioso collettivo. Ciò che per l’Occidente è libertà, per gli integralisti islamici è dovere.


Il risultato è che, astutamente, loro strumentalizzano il nostro diritto individuale e la nostra ingenuità culturale per potere un giorno imporre il loro diritto collettivo e la loro cultura teocratica.


Ora è del tutto evidente che la vera posta in gioco dietro la battaglia del velo è il potere sulle comunità musulmane in Europa. Un potere che fa gola anche a Bin Laden. Che ha finito per scendere in campo come partito politico fautore di un’interpretazione deviata e sanguinaria dell’islam. Costringendo nemici e rivali interni a giocare a carte scoperte, a uscire dall’ambiguità di chi usa la democrazia per imporre l’arbitrio.


Ebbene il fatto più significativo è che sempre più esponenti musulmani d’Italia condannano senza mezzi termini il terrorismo islamico e si riconoscono totalmente nelle leggi e nei valori della civiltà occidentale. Sono loro a incarnare la speranza che la folle strategia di morte di Bin Laden e la subdola strategia di potere degli integralisti saranno destinati al fallimento.