La sera del 29/3 è terminata la possibilità di vedere gratuitamente in streaming il film-documentario “Torri, checche e tortellini”: una celebrazione – con chiari intenti propagandistici – dei 43 anni del movimento omosessualista in Italia.
Il film è realizzato con denaro pubblico da Cinemare grazie al Ministero dei Beni Culturali e alla regionale Emilia Romagna Film Commission.
Scopo della visione gratuita è pubblicizzare l’imminente uscita di un nuovo film LGBT (realizzato sempre da Cinemare con Rai Cinema): la biografia di Mario Mieli, noto attivista della liberazione omosessuale in chiave marxista (morto suicida nel 1983) che – secondo Wikipedia – teorizza per primo la legalizzazione della pedofilia e la necrofilia.
C’è qualcosa da imparare da “Torri, checche e tortellini”. Qualcosa che narrano gli stessi attivisti LGBT e che può essere utile ai pro-famiglia. Vediamolo.
Scegliere il momento storico opportuno. Il primo gruppo di attivisti LGBT – il “Collettivo frocialista bolognese” – nasce nel 1977 e ha come sede quella del Partito Socialista in Via Castiglione 24.
Ai bolognesi quell’anno ricorda i violenti scontri culminati con l’uccisione per legittima difesa dell’agitatore comunista Francesco Lorusso.
Ma per l’Italia è l’anno in cui il Partito Comunista perde il controllo delle masse, fatto simboleggiato dall’assalto di “studenti” al massimo esponente del sindacalismo comunista, Luciano Lama.
Pertanto, il PCI vira verso la strategia del “riflusso, disimpegno e liquidazione della contestazione”; anziché alla politica, i giovani vengono ora orientati verso le discoteche (nel 1978 esce “La febbre del sabato sera”).
Scegliere la città più “protettiva”. Bologna non è sempre stata gay friendly, anzi: ma se l’Italia ha conosciuto il Partito Comunista più forte d’Occidente, Bologna è stata la Federazione comunista più importante d’Italia.
Per decenni, terminata la scuola di partito delle Frattocchie, i quadri migliori venivano mandati nella sede di Via Barberia a imparare come far funzionare il partito.
Bologna è la città in cui, dal dopoguerra, ca. 10.000 iscritti hanno donato tutte le proprie ferie per preparare la Festa Nazionale del quotidiano comunista l’Unità.
Pertanto, è a Bologna che il PCI può finanziare e proteggere il movimento LGBT (nel frattempo indirizzato all’area radical-liberale) senza correre il rischio di perdere consensi.
Scegliere il luogo dove la destra è più debole. Bologna vive il dopoguerra nel terrore perché si trova “triangolo della morte”, una zona dove i partigiani comunisti hanno assassinato decine di migliaia di persone, tra cui un centinaio di sacerdoti.
Inoltre, grazie all’influenza di Giuseppe Dossetti, Bologna è la città dove la resistenza dei cattolici è più debole: dal 1958 al 1983 i Vescovi brillano per il loro silenzio.
Perciò, proprio nel 1982, nasce il primo centro italiano LGBT che diventa subito leggendario: per la prima volta in Europa un’amministrazione pubblica concede uno spazio, peraltro assai prestigioso, a un’associazione di omosessuali.
Infatti, senza alcun timore di reazioni, l’amministrazione comunista del Sindaco Zangheri assegna come sede il “Cassero di Porta Saragozza”, il luogo dove da secoli sosta la processione della Madonna di San Luca, patrona della città.
L’irrisione dei cattolici e la violenza verso ogni tipo di destra sono continuati per anni, con la complicità della Magistratura e di prefetti compiacenti, come testimonia l’immagine in alto a sinistra.
38 anni di finanziamenti continui, dei quali il più eclatante è la Convenzione del 2017, che permette a decine di attivisti di ricevere una sorta di stipendio.
Un fiume di denaro con cui le lobbies elaborano e affinano sofisticate tecniche di penetrazione nella società: ad esempio, è del 2002 il primo modello di infiltrazione del gender nelle scuole.
Sostegno, contributi, soldi, immobili, beni mobili, personale… che vengono sempre e solo dal Partito Socialista, dal Partito Comunista… fino al Partito Democratico.
Con buona pace del centro-destra, che ancora non ha imparato che investire nella cultura è il modo con cui ci si costruisce l’elettorato del futuro.
E alla faccia del clero – di qualunque colore vestito – e dei laici cattolici che sostengono che il pericolo sia costituito dall’egoismo individualista, dalla società dei consumi e radical-liberale.
Nossignori: contra factum non valet argumentum. Le ideologie individualiste e libertarie sono solo mezzi: è chi detiene il potere locale e statale che decide se e come usarli.
David Botti
Nota. Tra le molte fonti, cfr. https://www.cassero.it/torri-checche-tortellini-e-unioni-civili-aspettando-il-senato/