Germania sterile
La più alta percentuale al mondo di donne senza figli, l’allarme del ministro della Famiglia
Roma. Il trenta per cento delle donne tedesche non ha figli, e il ministro della Famiglia Ursula von der Leyden ha detto, preoccupata, che “qualcuno ha spento la luce alla Germania, bisogna riaccenderla”. E’ la lowest-low fertility, bassissima fecondità: uno virgola trentasette figli per ogni donna, e il primo figlio a trent’anni, se poi le ragazze sono laureate e moderne e in carriera quelle di loro che non hanno figli arrivano al quaranta per cento, sono numeri aggiornati alla fine del 2005 e in crescita costante. Il Guardian ha scritto ieri che in Germania c’è il più alto numero di donne al mondo che sceglie, decide, di non avere figli. Cioè non hanno nessuna voglia di mettere su famiglia, e lo dicono: “Ho finito l’università, ho trovato un buon lavoro, ho trentacinque anni, sono a posto, grazie”. Una tendenza cominciata negli anni Novanta. Infatti lo scorso marzo Silvana Koch-Mehrin, eurodeputata liberale, trentaquattro anni, un po’ sexy un po’ severa e molto bionda, mise il proprio pancione sulla copertina di Stern, spiegandosi così: “All’inizio degli anni Settanta le donne impegnate si autodenunciavano su questa stessa rivista confessando di avere abortito illegalmente, io non faccio altro che seguire la tradizione”. Autodenunciare la propria maternità e carriera insieme, pappe e méches allegramente (e con un bel po’ di fatica, diceva l’eurodeputata) uniti, una scandalosa modernità da copertina. Fece effetto, e dissero quasi tutti che lei era un’esibizionista anche un po’ patetica. Ma la sua provocazione chic era pura verità, infatti il governo è alla ricerca allarmata di soluzioni, incentivi, rivoluzioni culturali: Angela Merkel dà molte colpe agli uomini e alla loro “insicurezza riguardo alla paternità”, mentre il ministro per la Famiglia (che fa molta eccezione perché ha sette figli, lasciati ad Hannover con il marito per potere lavorare a Berlino) ha lanciato una serie di proposte ricalcate sugli schemi della Scandinavia, dove praticamente non fanno altro che riprodursi, e lo fanno disinvoltamente a vent’anni: tremila euro l’anno per coprire i costi di un bebè e incoraggiare le mamme, milleottocento euro al mese per i padri che stanno un po’ a casa coi pupi. Le hanno riso in faccia: l’idea che gli uomini abbandonino il lavoro per stare in bagno a cambiare pannolini è semplicemente ridicola, hanno detto i cristiano-democratici. Anche i socialdemocratici, partner della coalizione di governo (che pure avevano stanziato per il 2005 un miliardo e mezzo per la realizzazione di nuovi asili nido), hanno espresso un sacco di dubbi: il quadretto familiare con la femmina in cucina e il maschio in ufficio in Germania è sempre molto vivo, difficilmente ribaltabile. “Le donne devono ancora giustificarsi se vogliono lavorare, è pazzesco; a nessun padre è mai successo”, ha detto il ministro a Stern. E poi, comunque, le bionde ragazze in carriera non hanno nessuna voglia di stare in cucina o a cambiare pannolini, nemmeno con i solidi incentivi del governo.
In Italia ci si pensa dopo i 30 anni
Secondo il Guardian le mamme tedesche sono “le più vecchie d’Europa”, perché la media del primo figlio è trent’anni, e sarebbero anche quelle con meno pargoli. Il Guardian si dimentica dell’Italia, o forse, insieme alla Spagna, non la prende nemmeno in considerazione, fecondità troppo bassa. Anche qui i figli arrivano a trent’anni, e se ne fanno perfino meno (uno virgola trentatré, seguendo la piccolissima crescita degli ultimi anni). Ma alla fine si fanno, spiegano i demografi: in Italia si rimanda e ci si strugge però poi tutti, ancora, vogliono avere bambini e passeggini. In Germania, invece, la nuova tendenza è la rinuncia preventiva, già socialmente accettata. Molto più, almeno, rispetto all’idea di padri in pantofole che cambiano pannolini.
Il Foglio (28/01/2006)