«Annalena uccisa per la sua lotta all’infibulazione»

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Imam somalo: lavoravo con la missionaria, i fondamentalisti la consideravano un nemico: «Uccisa perché sfidava l’infibulazione». L’imam amico di Annalena Tonelli: «Lottavamo insieme contro quella barbarie». Killer legati ad Al Qaeda

DAL NOSTRO INVIATO


BORAMA (Somaliland) – «Annalena non è mai diventata musulmana, ma era meglio di tanti musulmani. Ci ha insegnato molto e ci ha aiutato come nessuno ha mai fatto». Lo sheck (come si chiama l’imam in Somalia) Mohammed Said Sawer non usa mezze parole per spiegare chi abbia ammazzato il 6 ottobre scorso la volontaria italiana, impegnata in questa città nel pieno deserto del Corno d’Africa: «Sono stati i fondamentalisti – racconta -. Hanno armato la mano assassina, la odiavano per la sua campagna contro la mutilazione genitale femminile, l’infibulazione, che costa infiniti dolori e talvolta la vita a tante ragazzine innocenti». Mentre lui invitava i fedeli della sua moschea «Al Huda» a pregare perché quella straniera avesse lunga vita, i suoi colleghi più malvagi la accusavano di propagandare la prostituzione e di diffondere l’Aids.


Annalena Tonelli era determinata, puntigliosa. La campagna contro l’infibulazione, una pratica che lei definiva «selvaggia», l’aveva cominciata all’inizio degli Anni ’90 a Merca, sud di Mogadiscio, controllata allora dagli integralisti. Era stato il loro leader, Shek Hassan Daher Awes (indicato ora dall’ intelligence americana come il capo di Al Qaeda in Somalia), a intimarle «o sloggi o ti ammazziamo», mentre uno dei suoi scherani le appoggiava la pistola alla tempia. Così Annalena si è trasferita a Bòrama per continuare ad aiutare i poveracci: l’agente del terrore l’ha colpita laggiù. «I nostri cosiddetti musulmani – spiega sheck Mohammed – non hanno neanche studiato il Corano. Il nostro libro sacro vieta mutilazioni e sofferenze corporali. Noi dobbiamo salvare la salute e non minacciarla. Dunque l’infibulazione non è una pratica religiosa, come loro vogliono far credere. Quando Annalena è arrivata, nel 1996, nessuno aveva affrontato l’argomento. Abbiamo lanciato la campagna. E’ nato un comitato di donne, io ne parlavo nei sermoni in moschea, Annalena alla radio, a convegni. Viaggiava nei villaggi sperduti. Così è scattata la vendetta». Secondo sheck Mohammed, il clero radicale delle altre moschee non l’ha mai attaccata direttamente, ma parlava di lei con cattiveria e astio, accusandola delle azioni più bieche. «Senza infibulazione una donna è considerata poco seria e quindi è poi più difficile maritarla – prosegue il racconto -. E’ tutto senza senso, ma fa parte della tradizione cui non sono estranei benefici materiali». Nella società somala il promesso sposo versa alla famiglia della futura moglie cammelli e denaro. In pratica la compra. Una ragazza infibulata vale molto di più di una non infibulata.


Anche lo sceicco amico di Annalena è stato minacciato di morte. E’ stato picchiato, ma continua la sua campagna: «Io ho perso quattro figli al momento del parto, perché mia moglie è infibulata e così ho detto basta – racconta -. Con Annalena avevamo in programma un viaggio alla Mecca e uno a Londra. Il primo per approfondire la mancanza di relazioni religiose tra infibulazione e islam, il secondo per imparare bene l’inglese e diffondere queste idee anche tra gli imam non somali».


Nella piccola città del Somaliland tutto parla di Annalena, «la Madre Teresa di Bòrama», la definisce il giornalista Ali Jadeed. «I fondamentalisti erano gelosi del suo lavoro – incalza Ali -: ospedali, cliniche, scuole per bimbi sordomuti, centri per la prevenzione dell’Aids. Lei costruiva perfino piccole moschee per lo staff, pagava i mullah perché portassero conforto agli ammalati, distribuiva copie del Corano».


Il dito è puntato contro uno sceicco: Hassan Dihey. La polizia del Somaliland per il delitto dell’italiana ha arrestato 5 persone: quattro vengono da Mogadiscio e avrebbero organizzato tutto, affidando l’esecuzione a un autista che la donna aveva licenziato. Ma i mandanti non l’hanno fatta franca: le loro connessioni con i terroristi di Mogadiscio sono state scoperte solo da una settimana. Pochi giorni dopo aver colpito Annalena, il 21 ottobre un’altra esecuzione: vittima una coppia di anziani insegnanti inglesi, impegnati nella scuola dell’organizzazione «SOS Children», a Sheck, sempre in Somaliland, uccisi in casa. Il 19 marzo un terzo attentato contro un cooperante tedesco, ferito di striscio. «Abbiamo arrestato gli assalitori in fuga – racconta il ministro degli interni del Somaliland, Ismail Adam Osman -. Hanno confessato. Sono i killer della coppia di anziani. Ma sono in contatto anche con gli organizzatori dell’omicidio di Annalena. Avevano due telefoni satellitari, immediatamente consegnati agli americani. Secondo le loro indagini li utilizzavano per tenersi in contatto con Mogadiscio, Bòrama, Sheck e Hargeisa. I numeri di Mogadiscio sono quelli delle cellule di Al Qaeda laggiù».


Il Somaliland, ex colonia britannica, ha dichiarato l’indipendenza dalla Somalia nel 1991. E’ uscita così dalla sanguinosa guerra civile che ancora infuria in quella che una volta era la colonia italiana. Ma il suo governo non è stato riconosciuto dalla comunità internazionale. A differenza di Mogadiscio, diventata il covo dei terroristi di Al Qaeda, la capitale del Somaliland è una città tranquilla dove ferve il commercio. Ad Hargeisa il traffico scorre ordinato, c’è l’elettricità 24 ore al giorno, si costruiscono case e si tengono regolari elezioni democratiche. Paradossalmente invece di essere premiato per il comportamento dei suoi dirigenti, il Somaliland è stato finora punito, in nome di un’unità della Somalia che giova solo ai signori della guerra e a quelli del terrore, i fondamentalisti che vogliono destabilizzarlo, per poterlo controllare, ammazzando tutti i bianchi, come Annalena Tonelli, cercano di portare aiuto. malberizzi@corriere.it


Massimo A. Alberizzi


 


Corriere della sera 01/04/2004 Interni