Solo se va a favore della vita la libertà acquista il suo vero senso
di Mons. Alessandro Maggiolini
Vescovo emerito di Como
T re osservazioni brevi brevi, ma che sembrano fondamentali sul giudizio che vien dato alla probabile richiesta del signor Englaro di lasciare volontariamente morire la figlia per mancanza di nutrizione. La prima osservazione è data dal fatto che moltissimi hanno deprecato la scelta o almeno il dubbio del padre – in signor Englaro – sulla sorte della figlia che dipende dalla sua libera volontà. E qui si intuisce tutta una serie di interrogativi circa un intervento omicida, detto in termini spicciativi: e omicida nei confronti di una propria figlia, di carne della propria carne e di sangue del proprio sangue. Vi sarebbe spazio per una ripresa dantesca e shakespeariana del monologo drammatico: essere o non essere; atto di coraggio o cedimento a una sorta di vigliaccheria. E su questo tema molti hanno discusso, tirando in ballo il diritto di una libertà che ha senso se è in favore della vita, mentre si designa come delitto se si concretizza in un atto che uccide una persona.
Una seconda riflessione è data dal constatare che l’opinione pubblica si è buttata sugli aspetti umani tragici della vicenda: dimenticando, per esempio, di lasciar cadere almeno un grazie svogliato alle Suore Misericordine che hanno curato Eluana per quattordici anni: senza attendersi un riconoscimento o un grazie. Tra le tante attestazioni di stima che si esibiscono nella vita sociale, non c’è una medaglietta o un immagine stampata in economia che riconosca questo eroismo prolungato, silenzioso e immisurato?
Terza osservazione: il Codice di diritto canonico parla di scomunica comminata a chi procura un aborto, senza esclusione della madre, quando all’intervento umano segue la morte effettiva del bambino: il Codice di diritto canonico è lapidario a questo proposito: « Procurantes abortum, effecto secuto, matre non excepta » , incorrono nella scomunica ecclesiale la cui assoluzione è riservata al vescovo diocesano. Dove coloro che procurano l’aborto non sono soltanto i medici che intervengono clinicamente o farmacologicamente, ma anche coloro che promuovono una mentalità contro una vita non ancora nata, eppur esistente.
A questo punto, senza creare un vespaio di discussioni spesso a vanvera, ci si può chiedere molto chiaramente: non sono lambiti dalla scomunica ecclesiale anche coloro che preparano l’opinione a coonestare un delitto che tale rimane, nonostante tutte le opinioni contrarie?
È chiaro che questa riflessione vale per chi crede in Gesù Cristo e nella Chiesa, come motivi di salvezza e di promozione dell’uomo. Per gli scettici e i relativisti l’uccisione di un fratello, pur piccolo, ma innocente, sarebbe spazzatura da buttare tra la monnezza che distribuisce lo scempio della vita umana nelle strade o nelle fogne del nostro Paese. Rifletta chi si sente toccato da questa considerazione.
(C) Avvenire, 16-7-2008