Manuale per i bambini: viva Lenin
Rieditato il libro di storia per i piccoli di Gianni Rodari completato dal premio Nobel per la letteratura, Dario Fo
di Mattia Feltri
Un giudizio su Lenin di Gianni Rodari: “Un uomo che è tra i massimi geni espressi dall’umanità nel suo cammino: un piccolo uomo modesto, disinteressato, malvestito, un gigante nell’azione rivoluzionaria, un cervello che valeva da solo più di un esercito “.
E un giudizio sulla Rivoluzione d’ottobre: “Lenin e i bolscevichi, con una chiarezza di idee e un coraggio che non ha precedenti nella storia, lavorarono per far compiere alla rivoluzione russa il passo decisivo, per portare al potere la classe operaia. “Pace, terra ai contadini, tutto il potere ai Soviet”: ecco le parole d’ordine… “.
Molti di noi, da bambini, hanno letto le favole di Rodari. A scuola erano libri di testo: “Le favole al telefono”, “I viaggi di Giovannino Perdigiorno” eccetera. I volumetti per qualcuno furono sommamente noiosi – sebbene a quell’età ci si stupisca facilmente – eppure Rodari è considerato senza eccezioni un favolista sopraffino, e non saranno i cupi ricordi di pochi a scalfire una fama così ampia e così viva. Rodari provò anche la strada dello storico – sempre rivolto ai più piccoli – con “La storia degli uomini”, agile e rapida galoppata dai cavernicoli alla Guerra fredda, e i brani riportati in apertura di articolo dimostrano che insistere con le favole fu una buona scelta. Rodari scrisse la sua “Storia” nel 1958, quando aveva trentotto anni, ventidue prima di morire. La Gallucci editore ha deciso di ristamparla (191 pp, 12 euro). Il capitolo più interessante è l’ultimo (penultimo nella nuova edizione, e si vedrà perché): “La liberazione dell’uomo”. Rodari informa i giovani lettori sugli avvenimenti “degli ultimi ottanta- novant’anni”. Un accenno iniziale va alla Guerra di secessione americana, finita nel 1865 con la vittoria dei nordisti e l’abolizione della schiavitù. Ma il saggio sa che, aggiunge Rodari, “ancora adesso in America i discendenti degli schiavi negri non godono gli stessi diritti dei bianchi; e sa che gli “schiavi bianchi”, mandati in America dall’Europa, hanno lavorato, nella loro stragrande maggioranza, solo per costruire le gigantesche fortune di pochi grandi capitalisti, dal “Re del petrolio” al “Re della carne in scatola””. E dunque ecco una definizione di capitalismo: “Il cittadino che possiede una fabbrica in cui lavorano per lui, in cambio di un salario, alcune centinaia di operai, è un capitalista. I salari non sono fissati in relazione al valore del prodotto. Cento operai, lavorando otto ore, possono guadagnare centomila lire: ma la merce che essi hanno prodotto ne vale duecentomila, o trecentomila. Il capitalista intasca il profitto… Naturalmente gli imperialisti raccontano le cose in un altro modo…”. Così, continua Rodari, “sono nati moderni imperi, i cui sovrani sono grandi industriali e grandi banchieri, i quali dominano completamente analfabetismo” completamente la vita economica e politica degli stati: essi, cioè, non controllano soltanto l’industria e le banche, ma – attraverso i partiti politici – i parlamenti, i governi e gli stati”. In opposizione al sistema capitalistico c’è il socialismo. I piccoli allievi di Rodari ne vengono informati: “I primi atti del nuovo potere sovietico furono l’espropriazione senza indennizzo dei grandi proprietari terrieri e la proclamazione di una ferma volontà di pace… Per lunghi anni, i controrivoluzionari russi e gli imperialisti inglesi, americani, francesi, giapponesi… tentarono di abbattere con le armi il giovane stato socialista “. Non ci riescono: “Il primo stato socialista del mondo è salvo e comincia, prima con Lenin e poi con Stalin, con le forze del partito bolscevico e dei soviet rivoluzionari, con le energie di milioni di uomini liberati da ogni schiavitù, a edificare la società nuova”. La società nuova nasce e cresce forte: “Nell’Unione sovietica l’economia socialista, senza padroni, senza banchieri, senza aiuti, celebra le sue prime vittorie: l’immenso paese viene industrializzato a un ritmo sbalorditivo; l’agricoltura socialista sconfigge la carestia… Il socialismo sta già dimostrando la sua superiorità sul capitalismo. Non c’è più disoccupazione, non c’è più analfabetismo. Ai nostri occhi di contemporanei, gli errori commessi durante quest’opera gigantesca appaiono forse più gravi di quanto non siano effettivamente stati: agli occhi dello storico di domani le ombre perderanno rilievo davanti al risultato dell’opera…”. L’editore di oggi crede di dover segnalare che gli “errori ” visti da Rodari sono “successivamente emersi come veri e propri crimini “. In realtà erano già emersi, per chi voleva informarsene. Il libro è del 1958. Stalin era morto nel 1953. Nel febbraio del 1956 – durante il XX congresso del Pcus – Nikita Krusciov aveva denunciato i sistemi tirannici e sanguinari di Stalin. Nell’estate del 1956, la rivolta d’Ungheria era stata repressa coi carrarmati dell’Armata Rossa e con l’omicidio di massa. Nell’introduzione, l’editore si mette nei panni di Rodari: “Gianni Rodari era appassionatamente comunista, ma non ha fatto in tempo a vedere la caduta del Muro di Berlino. Né la fine dell’Unione sovietica. Avrebbe cambiato opinione? Chi lo conosce… dice di no: certamente qualche giudizio ora lo rivedrebbe” Ma quando scrisse, spiega, era sincero e soprattutto “uno scrittore vero, completo “. E dunque il libro merita di essere rimesso in circolazione “per voi genitori, insegnanti, critici e giovani lettori “. Purtroppo, però, mancava la storia successiva, quella dal 1958 a oggi. A chi affidare la prosecuzione del lavoro di Rodari? L’editore ha chiesto a un Nobel della letteratura, Dario Fo, il quale ha accettato con gioia perché “La storia” di Rodari è “un documento straordinario, per la capacità di sintesi e precisione di cui dà prova l’autore, ma anche per quel suo saper parlare ai più piccoli con gran rispetto dell’intelligenza. Per sostenere l’arcata del suo racconto mancava la chiusura: così ho accettato di metterci la toppa, raccontando gli ultimi cinquant’anni” (dalla Repubblica di ieri). Sull’Unione Sovietica Rodari era stato esaustivo, per cui Fo si limita a ricordare che “ci fu l’andata sulla Luna che seguiva l’exploit dei sovietici con Iuri Gagarin. Stalin era morto”. E si va dritti alla seconda metà degli anni Ottanta: “In Unione sovietica, Gorbaciov denuncia i crimini di regime: pretende un comunismo democratico… Cade il Muro di Berlino. È la fine del comunismo” Basta. Un accenno al Vietnam e alla conclusione della guerra: “Il giorno della vittoria di Ho Chi Min… in diecimila ballammo e cantammo tutta la notte”. Un’escursione sugli anni Settanta: “Fu subito chiaro, almeno a chi avesse occhi non mascherati, che tutto era stato organizzato da corpi speciali delle forze dell’ordine, compresa la bomba alla Banca: una strage di Stato “. Un’analisi dell’11 settembre: “Osama Bin Laden è il capo e il gran profeta dei terroristi; la sua famiglia, grandi magnati del petrolio, è intima amica di Bush senior “. Quanto a Bush junior, fa la guerra in Afghanistan a fianco di produttori di “eroina in quantità tale da coprire da soli quasi il fabbisogno mondiale del mercato della droga”. Il conflitto in Iraq è una truffa e Fo non nomina mai Saddam Hussein. Resta Berlusconi: “Si batte come un forsennato, inventa leggi a suo vantaggio, crea regole che lo salvino da ogni processo… Tranquilli: la storia va avanti. Non ci resta che attendere… “.
Tutto questo per i vostri figli, nelle migliori librerie.
Libero 21 dic 2004