Il consiglio d’Europa boccia una risoluzione sull’eutanasia.
Soddisfazione da parte del presidente della pontifica accademia per la vita che giudica inammissibile pensare di essere padroni della vita ma ritiene anche fondamentale assicurare tutta l’assistenza possibile e alleviare piu’ possibile il dolore fisico.
– Intervista con mons. Elio Sgreccia –
I parlamentari del Consiglio d’Europa hanno respinto ieri a Strasburgo, con 138 voti contrari e 26 favorevoli, una risoluzione che invitava i 46 Stati membri dell’organizzazione a discutere “dell’accompagnamento dei malati in fin di vita”. Sul dibattito che sta dietro a questo pronunciamento paneuropeo contro l’eutana-sia e sul valore da attribuirgli, il servizio di Fausta Speranza:
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La risoluzione del parlamentare svizzero Dick Marty (liberale), che era già stata ritirata dall’ordine del giorno dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa a settembre 2003 e a gennaio 2004, è stata respinta ieri dopo oltre tre ore di dibattito nel corso del quale sono stati apportati ben 71 emendamenti. “L’eutanasia attiva o passiva è una realtà quotidiana e va affrontata”, ha detto Marty, spiegando che non vuole “la legalizzazione dell’eutanasia, ma semplicemente attirare l’attenzione dei governi sulla clandestinità”, affinché si avvii un “dibattito in ogni Paese”. Tra i parlamentari contrari, il britannico Kevin McNamara (SOC) ha espresso i suoi timori per le conseguenze che potrebbe provocare la liberalizzazione dell’eutanasia in Europa, sottolineando quanto ciò sia contrario ai principi garantiti dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.
Ricordiamo che il Consiglio d’Europa è la più vecchia organizzazione politica del continente (1949) e che è un’organizzazione distinta dall’Unione Europea dei “25”. Con la sua dimensione paneuropea, il Consiglio d’Europa si occupa di diritti dell’uomo, di orientamenti e valori culturali. Ma come valutare questo ‘no’ all’eutanasia? Lo abbiamo chiesto al presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Elio Sgreccia:
R. – E’ stato un segnale positivo. Vuol dire che ci sono ancora in Europa delle forze che rispettano e vogliono il rispetto della vita del malato grave, della vita del morente. E’ chiaro che c’è da aspettarsi che la spinta verso l’eutanasia ritorni all’attacco con altre proposte, con proposte analoghe, dato che in Europa alcuni Paesi hanno approvato l’eutanasia. Io penso che, in questo momento, il compito dei cattolici, dei credenti e di tutti coloro che vogliono il rispetto della vita umana in senso pieno, sia di chiarire sul piano dottrinale che nessuno è padrone della propria vita, che nessuno è autorizzato a sopprimere né la propria vita né quella degli altri. Sul piano pratico, invece, mettere tutto l’amore e tutta la provvidenza del sollievo del dolore, delle terapie palliative, dello sviluppo di quel sistema sanitario che rispetta il paziente, il morente, con appropriate terapie e con le cure debite ad ogni essere vivente.
L’Olanda è stato il primo Paese al mondo a legalizzare l’eutanasia e di recente ha aperto la strada anche per i bambini malati inguaribili. In ambito europeo, ci sono poi diverse situazioni di ammissione o aperture: in Belgio è autorizzata dopo verifica da parte di una speciale commissione e solo a partire dai 18 anni; in Danimarca si può chiedere di non essere tenuti in vita artificialmente con il cosiddetto “testamento biologico”; in Svezia “l’assistenza al suicidio” è un delitto non punibile; in Spagna l’eutanasia e il suicidio assistito non sono considerati più omicidio; in Germania può essere approvata per persone in coma irreversibile su volontà espressa in precedenza dal paziente e su approvazione dei tribunali tutori.
Si parla di eutanasia sui media per l’emergere di nuove normative o in relazione a casi di attualità, come il lungo e delicato dibattito sulla situazione di Terri Schiavo, cittadina statunitense alla quale è stata interrotta l’alimentazione con il sondino su richiesta del marito. In Italia, proprio in questi giorni, lancia un drammatico appello il fratello di un uomo di 38 anni, in stato vegetativo da 18 mesi. L’uomo nominato “curatore speciale” del fratello chiede l’aiuto delle autorità perché i familiari non riescono a far fronte a un’assistenza impegnativa e continua. Con disperazione annuncia che senza aiuto dovrà chiedere di staccare la spina al fratello. C’è poi il caso recente della ragazza di Lecco in stato neurovegetativo irreversibile: qualche giorno fa, la Cassazione ha respinto la richiesta del padre di lasciarla morire.
Radio Vaticana 28 aprile 05