“Cresce la cristianofobia”
Nel dibattito sui diritti umani entra una parola nuova: cristianofobia. E’ coniata in analogia a islamofobia e sta a indicare una paura irrazionale (fobia) dei cristiani che può portare ad atti di violenza e di intolleranza nei loro confronti.
CITTA’ DEL VATICANO — Nel dibattito sui diritti umani entra una parola nuova: cristianofobia. E’ coniata in analogia a islamofobia e sta a indicare una paura irrazionale (fobia) dei cristiani che può portare ad atti di violenza e di intolleranza nei loro confronti.
Da un anno “cristianofobia” compare nei documenti dell’Onu e ieri l’ha usata in un’occasione pubblica l’arcivescovo Giovanni Lajolo, responsabile vaticano dei rapporti con gli Stati. “La guerra al terrorismo — ha detto Lajolo intervenendo a un convegno presso l’Università Gregoriana — benché necessaria, ha avuto tra i suoi effetti collaterali la crescita della cristianofobia in vaste zone del mondo dove, erroneamente, la civiltà occidentale, o alcune strategie politiche dei Paesi occidentali vengono considerate come determinate dal cristianesimo, o per lo meno non disgiunte da esso”.
Il convegno trattava della libertà religiosa come “pietra angolare della dignità umana” ed era organizzato dall’Ambasciata degli Stati Uniti presso il Vaticano.
L’arcivescovo Lajolo ha rivendicato alla Santa Sede il merito di aver proposto all’attenzione delle Nazioni Unite il fenomeno della cristianofobia, durante le recenti “sessioni” della Commissione per i diritti umani.
Per la prima volta il neologismo è comparso in una risoluzione approvata circa un anno addietro dalla Terza commissione dell’Assemblea generale dell’Onu, che denunciava “con profonda preoccupazione il generale aumento di casi di intolleranza e violenza, diretti contro membri di molte comunità religiose in varie parti del mondo, compresi casi motivati da islamofobia, antisemitismo e cristianofobia”. Lo stesso concetto è stato ripreso in un’altra risoluzione approvata dalla Terza commissione dell’Assemblea di quest’anno, appena dieci giorni addietro.
Sempre su richiesta della Santa Sede, il “relatore speciale” incaricato di preparare il “rapporto” sulle violazioni della libertà religiosa nel mondo è stato invitato — in vista della prossima sessione — a censire anche le manifestazioni di cristianofobia.
Il relatore, il senegalese Dodou Diène, per chiarirsi le idee ha convocato un seminario di esperti, che si è tenuto dall’11 al 13 novembre a Barcellona, avendo a tema la “diffamazione delle religioni nel quadro della lotta globale contro la discriminazione: antisemitismo, cristianofobia e islamofobia”.
A margine del convegno di ieri, conversando con i giornalisti, l’arcivescovo Lajolo ha precisato che la cristianofobia si “manifesta in diverse zone del mondo come un atteggiamento aggressivo verso i cristiani la cui presenza e azione viene interpretata in termini di proselitismo o ingerenza nelle culture locali”.
Ciò accade, ha precisato, “non solo nei Paesi islamici”. Infatti vi sono casi di campagne di stampa e di aggressioni contro i cristiani anche in ambienti induisti e buddisti.
“In un contesto internazionale segnato dall’insorgenza di fondamentalismi — ha detto ancora Lajolo — sono frequenti le costrizioni ad aderire a credi o fedi religiose” ed è quindi necessario “tutelare la libertà di fede e di coscienza in modo efficace, a livello delle relazioni sociali vissute e non solo a livello teorico o di enunciazione di principio”.
Alla domanda dove sia da vedere — in particolare — una crescita della cristianofobia a seguito della “guerra al terrorismo”, in Segreteria di Stato rispondono che occorre guardare ai Paesi che sono stati “toccati” dagli interventi “occidentali” in Afghanistan e in Iraq: oltre ai due Paesi direttamente coinvolti, bisognerebbe tener presente il Pakistan e l’Arabia Saudita. Gesti clamorosi, come attentati a chiese cristiane, si sono avuti a più riprese in Pakistan e in Iraq.
Luigi Accattoli
Corriere della Sera, 4 novembre 2004