Monsignor Angelo Bagnasco
E’ QUESTO IL NUOVO PRESIDENTE DEI VESCOVI ITALIANI?
Nei giorni scorsi Bagnasco è tornato a Roma, dopo esserci già stato per la visita con gli altri vescovi della regione, e avrebbe già accettato la nomina. Se le indiscrezioni saranno confermate, la designazione di Bagnasco segnerà la fine di un lungo periodo (ventidue anni) durante il quale la carica di presidente della Cei è stata unita a quella di Vicario del Papa, prima con il cardinale Ugo Poletti (1985-1991) e poi con il cardinale Camillo Ruini (1991-2007).
A oltre quarant’anni dalle dimissioni del cardinale Giuseppe Siri, la Conferenza episcopale italiana avrà di nuovo un arcivescovo di Genova alla sua guida: Angelo Bagnasco. Si tratta di una scelta che sembra quasi una scelta obbligata, dopo i veti incrociati che hanno contrapposto il cardinale segretario di stato Tarcisio Bertone e il cardinal vicario Camillo Ruini. Lo stesso Bagnasco infatti è stato nominato lo scorso anno a Genova con il sostegno comune dei due porporati. Bagnasco può essere considerato un ruiniano di ferro che gode anche la stima di Bertone. Il futuro presidente della Cei infatti è stato ordinato sacerdote da quel Siri, che Bertone, quando era sotto la Lanterna, aveva indicato come proprio predecessore di riferimento nella guida della chiesa genovese. Allo stesso tempo Bagnasco è stato un ecclesiastico sempre stimato e valorizzato da Ruini, tanto da essere promosso vescovo di Pesaro, quindi ordinario militare e al contempo presidente del Consiglio di amministrazione di Avvenire, il quotidiano della Cei. Bagnasco, 64 anni, è nato a Pontevico, provincia e diocesi di Brescia, da una famiglia genovese sfollata dalla guerra, frequenta il seminario genovese e viene ordinato da Siri nel 1966. Fa il viceparroco ma ha anche diversi incarichi in Curia: insegna nel seminario, è assistente della Fuci, dirige l’ufficio catechistico e poi quello dell’apostolato liturgico. Incarichi che mantiene anche con il successore di Siri, Giovanni Canestri (1987-1995) e nei primi anni dell’episcopato genovese di Dionigi Tettamanzi. Finché nel 1998 diventa vescovo di Pesaro, dove si fa conoscere per la sua linea ferma e anche interventista sui temi più delicati. Non ha paura a affermare che nel dramma dell’aborto anche il padre deve avere diritto di parola. Nel giugno 2003 arriva la nomina a ordinario militare, incarico che gli permette di girare il mondo a visitare i soldati in missione di pace. Inaugura chiese, amministra battesimi e cresime in Kosovo, in Bosnia, in Afghanistan, in Iraq. Il suo giudizio sul terrorismo è netto e senza annacquamenti pseudopacifisti. “I cristiani e tutti gli uomini di buona volontà devono reagire e portare il proprio contributo alla lotta contro il terrorismo, forma cieca e fanatica di violenza”, dice nel dicembre 2003, poco dopo la tragedia di Nassiriyah. Nel 2005 alla Radio Vaticana ribadisce: “Basterebbe andare nelle missioni dei nostri soldati all’estero, tutte quante, per dissipare i dubbi se i nostri militari rappresentano forze di pace o di occupazione”. Nell’agosto 2006, arriva la nomina a Genova. Entrato in diocesi a fine settembre, Bagnasco si fa subito riconoscere. Alla fine di ottobre non partecipa a un Festival della scienza per problemi di agenda ma anche perché ha una impostazione squilibrata, unilaterale, in senso scientista. Quando poi scoppia il caso della moschea mostra una disponibilità di principio nei confronti della possibilità che anche gli islamici abbiano un loro luogo di culto degno di questo nome, salvo poi mostrarsi molto più freddo quando si viene a scoprire che dietro l’operazione c’è la discussa Ucoii, accusata di non opporsi fermamente al terrorismo. Bagnasco, nel solco del suo predecessore Bertone, mantiene buoni rapporti con il potere locale monopolizzato dal centrosinistra. Tanto che è il ds Claudio Burlando, a offrire alla Curia un posto nella Fondazione Carige, la potente banca locale, in quota alla regione di cui è presidente. Bagnasco accetta. Infine la questione Dico. Anche su questo Bagnasco non è stato silente. “Il Papa, la Cei e il cardinal Ruini hanno fatto interventi insistenti e decisi perché l’argomento in questione, cioè i cosiddetti pacs, ora Dico, vanno a toccare i valori fondamentali su cui la chiesa ha una posizione definita. Non c’è stata nessuna esagerazione, si tratta di fattori che incidono profondamente sulla vita degli individui e della società”, ha dichiarato all’Ap- Com lo scorso 10 febbraio. L’ufficializzazione della nomina di Bagnasco è prevista per il primo di marzo. A fine marzo è prevista la riunione del Consiglio permanente, cui parteciperà anche Ruini come presidente della Conferenza episcopale laziale (il vicario generale di Roma lo è di diritto). In quella occasione si vedrà se e come Bagnasco propugnerà l’ipotesi di una specifica nota della Cei sulla questione Dico. C’è da scommettere che dentro e fuori la Cei ogni sua mossa sul tema verrà studiata per verificare il tasso di continuità o discontinuità con la lunga presidenza di Ruini.
Il Foglio 21 febbraio 2007