di Luigi Illiano, Il Sole 24 Ore, 7 giugno 2008
Il problema non è di rapporto tra Stato laico e Chiesa cattolica, è in gioco il diritto all\’istruzione
In sostanza, i responsabili degli istituti paritari chiedono di ricevere tanto quanto lo Stato spende per ogni alunno che frequenta la scuola statale, considerando che le scuole paritarie forniscono –di fatto– un servizio equivalente.
E l\’esempio più citato per rafforzare la rivendicazione è quello del meccanismo che regola il servizio sanitario nazionale, dove le strutture private convenzionate ricevono, per ogni paziente, la stessa cifra prevista per la prestazione ottenuta nel circuito pubblico.
La questione ideologica
È evidente che non è soltanto questione di denaro quanto, piuttosto, di scelta politica. Perché su questo terreno lo scontro si sposta quasi totalmente sul piano ideologico, trasformandosi in una sorta di disfida tra i paladini della scuola pubblica e i difensori del diritto alla libera scelta. E, puntualmente, ad ogni visita tra Capo del Governo e Sommo Pontefice, il Presidente del consiglio rinnova la promessa di un maggior riconoscimento alle scuole private. Parole di cui presto si perdono le tracce.
Un\’intera scuola paritaria costa allo Stato meno di un alunno della statale
Attualmente la quota complessiva di finanziamenti destinati dal ministero dell\’Istruzione alle paritarie è di 538 milioni di euro all\’anno, somma che finisce in gran parte alle scuole materne. Basti pensare che un istituto di scuola media può ricevere complessivamente un massimo di 5mila euro. Le superiori ricevono 4mila euro che vanno all\’istituto, più 2mila euro a classe, soltanto per i primi due anni. Un\’intera scuola paritaria finisce per costare al ministero dell\’Istruzione meno di quanto spende per un solo alunno della statale. Da qui le quote non proprio popolare delle rette e, soprattutto negli ultimi anni, la chiusura di molti istituti. Stremati da una raffica di costi (Irap, Iva, Tarsu, affitto e gestione dei locali). A regolare i rapporti tra scuole statali e paritarie è la legge 62/2000 («Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all\’istruzione»), ministro Berlinguer, che nelle intenzioni doveva assicurare la parità tra i due circuiti all\’interno del sistema pubblico di istruzione ma, in realtà,l\’ha garantita soltanto sul piano giuridico.
La libertà di scelta educativa è riconosciuta soltanto sulla carta
«Il riconoscimento della libertà di scelta educativa a livello europeo è sancito e operativo da tempo, attraverso una risoluzione del Parlamento europeo del 1984 collegata ai Diritti dell\’uomo: ogni Stato membro deve assicurare parità di trattamento anche sul piano economico », afferma don Francesco Macrì, presidente nazionale della Fidae (oltre 3mila scuole cattoliche primarie e secondarie).
«La legge 62 è rimasta inapplicata, sul versante economico, facendo ricadere il costo della libera scelta interamente sulla famiglia. Di fatto lo Stato si contraddice: riconosce un diritto ma non crea le condizioni per garantirlo. Non si tratta di scontrarsi sulla scelta di scuola statale o non statale, quanto piuttosto di salvaguardare esclusivamente il diritto a un\’istruzione di qualità», conclude Macrì.
Una scelta di civiltà
Per Luigi Sepiacci, presidente dell\’Aninsei (Confindustria Federvarie), sigla che raccoglie le scuole private, «il problema non è di rapporto tra Stato laico e Chiesa cattolica, quindi tra scuole confessionali e non, è in gioco una scelta di civiltà di riconoscere il diritto all\’istruzione,così come viene garantito quello alle cure sanitarie. Se posso scegliere il medico, ho ancora più diritto a scegliere l\’insegnante».