Dopo aver letto nel n. 52 del 25 dicembre 2005 la seguente frase:”Il giudizio può essere dato, quindi, solo dalla coppia che decide quanti figli avere e quando averli. Talora un figlio in più è un’autentica benedizione per tutti; talaltra può diventare un elemento che mina un equilibrio interno che è difficile ricostruire“
abbiamo definitivamente chiuso con la rivista.
Fiorella e Massimo Perotti
La lettera per intero, per correttezza:
ABORTO E FAMIGLIE NUMEROSE: IL COMPORTAMENTO DEI MEDIA E DELLA SOCIETÀ
I PECCATI D’OMISSIONE SULLA VITA
«Ci scandalizziamo», dice la lettrice, «per un bambino abbandonato nella spazzatura, e non ci indigniamo per le migliaia di esseri innocenti soppressi consapevolmente prima della nascita».Caro padre, scrivo dopo aver letto sul n. 38/2005 di Famiglia Cristiana l’articolo “Quando la follia bussa alla porta di casa”. Una madre che uccide un figlio è, certamente, una tragedia, ma c’è differenza tra un bambino di quattro anni e uno che è ancora nel seno materno? Se nel nostro bel Paese, ogni settimana, arrivasse un terrorista e uccidesse una decina di persone, tutti i giornali ne parlerebbero. Ebbene, nella mia regione, ogni settimana viene uccisa una decina di creature innocenti, da un distinto signore che viaggia in Mercedes.Perché nessuno ne parla? Forse perché non vediamo il loro sangue scorrere sui marciapiedi? Tacere non è un peccato di omissione? Non sono esseri umani al pari di chi già sgambetta e strilla? Ci scandalizziamo per un bambino gettato nella spazzatura e non ci indigniamo per le migliaia di bimbi uccisi consapevolmente e per banalissimi motivi?Sullo stesso numero ho letto anche la lettera contro le famiglie numerose. A chi scrive vorrei raccontare un fatto: quando avevo poco più di tre anni arrivò il settimo fratellino. A mia madre, che lo stava allattando sul gradino di casa, due “zitelle” che avevano sempre da rimproverarle qualcosa, le dissero: «Sei fortunata ad avere tutti quei figli, ma è ora di mettere giudizio! Sono davvero troppi, chi li manterrà?». Allora non c’era l’aiuto del governo e non si parlava né di mutua né di assegni familiari; in casa non avevamo l’acqua, i pannolini da gettare non esistevano e tante volte mancavano anche quelli da lavare.Mia madre subito non rispose nulla, poi mormorò: «Poverette, non possono capire perché non hanno mai provato la gioia di stringere al cuore una propria creatura. E, poi, non sanno che il Signore prima di far nascere gli agnellini fa nascere l’erba tenera?». Nonostante la raccomandazione delle “zitelle”, i fratellini diventarono nove. Nessuno si è mai pentito d’essere nato, a nessuno è mai mancato il pane o il vestito. E, soprattutto, a nessuno è mai mancato l’amore dei nostri genitori.Ornella La sua lettera pone due problemi: l’aborto e le famiglie numerose. Il primo lo racconta con l’immagine del distinto signore che viaggia in Mercedes avendo sulla coscienza decine di aborti. Non è il solo che la società ammira avendo sulla coscienza crimini vergognosi. Pensi ai mercanti d’armi, agli speculatori in Borsa, ai protettori di prostitute, ai professionisti senza scrupoli che si arricchiscono sulla pelle degli altri, ai politici che difendono i loro interessi dimenticando il bene comune.La colpa di chi è? Della gente che non sa discernere e aiuta queste persone a non prendere coscienza dei loro crimini («se sono ammirato – possono pensare – è segno che faccio qualcosa che è degno di ammirazione»), o di queste persone che, sotto panni eleganti, dimostrano di aver dimenticato l’uomo e cercano solo il proprio vantaggio e il successo, calpestando ogni valore?Non è forse vero che nell’opinione pubblica si sta affermando sempre più il “malandrino”, a scapito del “virtuoso”? Chi è ammirato è l’uomo di successo, che sa farsi strada nella vita, che si realizza e si afferma nello sport, nella politica, nell’economia, negli affari ecc. Si parla sempre con ammirazione delle persone di successo, ma non destano alcun interesse quelli che vivono rispettando i valori dell’onestà, della giustizia, della solidarietà, dell’amore per gli ultimi.Il discorso evangelico delle Beatitudini va bene in chiesa, ma non certamente nella logica della vita di ogni giorno, dove vale il principio: “o pesti o sei pestato”. Lo si insegna anche nelle buone famiglie, dove vige una doppia morale: una per i rapporti interni, dove si deve avere amore, rispetto, disponibilità e solidarietà; e l’altra per i rapporti esterni, dove i buoni sentimenti non hanno spazio, ma vige il principio del più forte.L’abortista che viaggia in Mercedes è solo la punta di un iceberg che viene sostenuto non solo dalle persone che approvano l’aborto e, quindi, lo ritengono un benefattore, ma anche da tutti quelli che alimentano la morale del successo, dell’arrivismo, senza chiedersi per quali vie lo si raggiunge.Che cosa fare? Innanzitutto, bisogna aiutare la gente a pensare e a valutare le persone per quello che realmente valgono: chi è potente e ammirato, spesso in realtà è un fallito. Talora, la condanna che esprimiamo nei suoi confronti non è dettata dal dissenso per la sua malvagità, ma dal fatto che lui ha qualcosa che noi non riusciamo ad avere. È più frutto dell’invidia che dell’amore per la giustizia. Non per nulla alcune rivoluzioni hanno avuto come scopo non quello di portare nella società la giustizia, ma semplicemente di capovolgere la situazione, mettendo i poveri al posto dei ricchi e i ricchi al posto dei poveri. Non una giustizia sociale, ma una vera vendetta sociale.C’è l’altro discorso della famiglia numerosa. Ornella ha avuto la fortuna di vivere in una famiglia dove ha provato l’amore dei genitori, dei fratelli e delle sorelle. È bello stare insieme quando c’è l’amore, anche se le risorse sono scarse e qualche volta mancano. È vero che non si vive di solo amore, ma quando ci si vuole bene, le forze si moltiplicano e nessuno si sente solo e abbandonato, rendendo vera la nota espressione: “Uno per tutti e tutti per uno”.Però, non si può glorificare in assoluto la famiglia numerosa. Purtroppo, l’esperienza dimostra che anche in essa possono esserci conflitti e divisioni. E le difficoltà, invece di creare una maggiore unione, alimentano le separazioni. Si diventa egoisti, estranei l’uno all’altro, e si vive all’insegna del principio: “Ognuno per sé e Dio per tutti”.La Gaudium et spes segnala che «sono da ricordare in modo particolare quelli che, con decisione prudente e di comune accordo, accettano con grande animo anche un più grande numero di figli da educare convenientemente» (n. 50). Il giudizio può essere dato, quindi, solo dalla coppia che decide quanti figli avere e quando averli. Talora un figlio in più è un’autentica benedizione per tutti; talaltra può diventare un elemento che mina un equilibrio interno che è difficile ricostruire. Per questo la Chiesa non dice: «Quanti più figli avete, tanto meglio è. Ma, abbiate tanti figli quanti potete responsabilmente procrearne e portarne a maturazione umana».Al di là di questa considerazione, l’esperienza dimostra però che è bello e arricchente avere nella vita dei fratelli e delle sorelle cui appoggiarsi nei momenti lieti e tristi della vita. Vale anche per i rapporti familiari la sentenza del Qoelet: «Guai a chi è solo, perché se cade non ha chi lo aiuti a rialzarsi». D.A.