Fecondazione, il ministero fa chiarezza
In Gazzetta Ufficiale il decreto con le norme di applicazione emanato dal ministro della Salute: compilato con l’aiuto di una commissione di scienziati e giuristi, il documento è stato rivisto all’Istituto superiore di sanità e approvato dal Consiglio superiore di sanità
Stop a illazioni e pressioni: “Nessun obbligo di impianto di un embrione che manifesti gravi anomalie irreversibili dello sviluppo all’indagine osservazionale”
Per avere un supporto nella compilazione delle “Linee guida”, il ministro aveva istituito una Commissione di scienziati e giuristi, che terminò i suoi lavori ai primi di giugno. Il testo fu poi visionato da esperti dell’Istituto superiore di sanità e approvato, il 14 luglio scorso, dal Consiglio superiore di sanità. Nell’introduzione le linee guida (che sono vincolanti per ogni centro che operi nel settore della procreazione medicalmente assistita) chiariscono alcuni concetti base relativi all’infertilità e alla sterilità e alle causa note del fenomeno.
Accesso alle tecniche.
Secondo quanto previsto dall’articolo 4 della legge, l’accesso alle tecniche è subordinato all’impossibilità di risolvere in altro modo le cause di sterilità, che “devono essere ricercate in modo sistematico”. La certificazione di infertilità “può essere effettuata da ogni medico abilitato all’esercizio della professione”, mentre la certificazione per l’accesso alle tecniche di riproduzione assistita “viene effettuata dagli specialisti del centro, una volta assicurati i criteri diagnostici e di gradualità terapeutica”. Il responsabile del centro potrà anche n egare l’accesso alle tecniche, ma dovrà certificarlo in forma scritta. Infine le tecniche dovranno essere adottate in modo graduale: “Spetta al medico, secondo scienza e coscienza, definire la gradualità delle tecniche tenendo conto dell’età della donna, delle problematiche specifiche e dei rischi inerenti le singole tecniche”.
Consenso informato.
“Ogni centro di procreazione medicalmente assistita dovrà prevedere la possibilità di consulenza alla coppia” recita il testo delle linee guida. Infatti l’articolo 6 della legge chiedeva che alla coppia dovessero essere fornite con precisione tutte le informazioni inerenti le procedure. “L’attività di consulenza deve essere resa accessibile in tutte le fasi dell’approccio diagnostico terapeutico dell’infertilità e, eventualmente, anche dopo che il processo di trattamento è stato completato”. Tutti gli elementi utili a maturare una decisione consapevole devono essere forniti alla coppia, compresa la possibilità di ricorrere all’affidamento e all’adozione come alternativa alla procreazione assistita. Inoltre devono essere ben spiegati sia tutte le tecniche impiegabili nelle diverse fasi operative, sia le probabilità di successo delle diverse tecniche, sia i rischi per la madre e per il nascituro o nascituri secondo quanto è evidenziabile dalla letteratura scientifica. Altri aspetti da sviscerare sono quelli psicologici in relazione alla coppia e al nuovo nato. La coppia va informata precisamente delle norme previste dalla legge, anche in tema di conservazione dei gameti e degli embrioni, e dei costi totali derivanti dalla procedura adottata.
Linee guida.
La parte più strettamente tecnica riguarda una ampia disamina delle tecniche, di 1°, 2° e 3° livello, dalle meno invasive e onerose. Sono quindi dettagliatamente indicate le procedure dell’inseminazione con o senza induzione multipla dell’ovulazione, della fecondazione in vitro e trasferimento dell’embrione (Fivet), della microiniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (Icsi), del trasferimento intratubarico di gameti o embrioni (Gift, Zift e Tet), del prelievo di gameti dal testicolo.
Misure di tutela dell’embrione.
“È proibita ogni diagnosi preimpianto a finalità eugenetica. Ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, dovrà essere di tipo osservazionale”. In pratica sarà possibile verificare al microscopio se gli embrioni prodotti manifestino “gravi anomalie irreversibili dello sviluppo”. La coppia, che ha diritto a conoscere lo stato di salute degli embrioni prodotti, può rifiutare l’impianto di questo embrione: “Ove il trasferimento in utero dell’embrione, non coercibile, non risulti attuato, la coltura in vitro del medesimo deve essere mantenuta fino al suo estinguersi”. Se il trasferimento in utero di un embrione non è possibile per cause di forza maggiore relative allo stato di salute della donna, “l’embrione dovrà essere crioconservato in attesa dell’impianto che dovrà avvenire prima possibile”. Infine le “Linee guida” forniscono una serie di indicazioni procedurali sulla crioconservazione dei gameti e degli embrioni.
di Enrico Negrotti – Avvenire 17 agosto 2004