I socialisti spagnoli insegnano all’Italia……

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IL GAYO OCCIDENTE


Coppie di fatto e, al più presto, matrimoni gay. Queste le prime proposte di legge che il Psoe presenterà al parlamento spagnolo appena insediato dopo la tragedia dell’11 marzo, e il voto che ha rovesciato i Popolari. Comincia dunque la “Liberazione della Spagna”.

Liberazione dal vetusto concetto di famiglia basata sul matrimonio, e soprattutto dalla bigotta idea che per fare una famiglia ci vogliano un uomo e una donna. Ma tutto ciò è vecchio oscurantismo, cui la Spagna di Zapatero volge le spalle, finalmente sciolta dall’antico giogo della tradizione cattolica. Le comunità gay sono particolarmente soddisfatte: potranno scegliere, coppie di fatto o matrimonio a seconda dell’entità di impegno che si sentano di assumere. E’ una faccenda à la carte: se il sentimento è a breve termine, coppia di fatto, matrimonio invece se la faccenda pare più duratura. Dove il mistero è, se uno è già in partenza per le nozze a tempo rigorosamente determinato, cosa si sposi a fare, e perché non se ne resti libero e felice invece di ingolfare i registri dell’anagrafe. Il secondo aspetto della “Liberazione della Spagna” è meno intimistico. A fronte di un terrorismo che per la prima volta in Europa proprio a Madrid ha colpito, mostrando che è iniziata una guerra, e che colpisce gli inermi, e che non ha pietà per nessuno; un terrorismo che dichiaratamente «vuole la morte» e vuole portarcela in casa, a fronte di questo la prima urgenza del nuovo governo socialista spagnolo è: coppie di fatto, matrimoni gay. Ovvero: come se nulla fosse accaduto. Avanti verso sempre più individualistiche ed elastiche libertà, in una società chiusa in se stessa che quando parla di famiglia pensa a tutto fuorché alla funzione originaria della famiglia: i figli, il “continuare”, ciò per cui si fonda un legame “per sempre” in una coppia – fra un uomo, e una donna. Ci dichiarano guerra, e il primo paese massacrato si affretta a liberalizzare le famiglie a termine, o quelle che proprio non esistono. Come se niente fosse successo. Che ciascuno continui a farsi i fatti suoi, finché può. Non facciamo la guerra, facciamoci un tè, cantano serafici nei cortei, con flemma britannica, i pacifisti inglesi. Un dubbio: ma quelli là che ci mandano a dire «noi siamo per la morte, voi siete per la vita», non saranno poi troppo ottimisti? Sul nostro conto, intendiamoci. Perché non basta riempire le piazze di bandiere arcobaleno, né preoccuparsi delle foche e del buco nell’ozono, e nemmeno fare i girotondi, per essere per la vita.


di Corradi Marina


Tempi, Numero: 15 – 8 Aprile 2004