Il magistrato Amedeo Santosuosso sul Manifesto del 4 novembre parla dell’eugenetica, delle ue radici storiche e del rischio che essa, in qualche modo, ritorni a colpire. Lo fa con la superficialità e l’ideologia tipica di chi nutre per la realtà delle cose un malcelato fastidio.
Andiamo con ordine. L’illustre magistrato spiega che questa ambizione umana di migliorare la specie un po’ come si fa con le vacche “sorge come un’idea condivisa sia da scienziati che da ambienti politici di destra e di sinistra verso la fine dell’Ottocento”. Partire dall’Ottocento, in realtà, è estremamente riduttivo e semplicistico, come se l’aspirazione umana alla salute perfetta o all’immortalità stessa nascesse con il progresso scientifico, e non fosse invece una costante nel corso dei secoli. In realtà possiamo risalire molto più indietro: è già Platone, in un’opera in cui esalta il comunismo di donne e di beni, la sua “Repubblica”, a proporre un numero fisso per la popolazione e la necessità che i migliori si accoppino coi migliori e i mediocri coi mediocri, mentre i bambini malformati o con malattie saranno esposti o uccisi.
La magia cinquecentesca
C’è poi, saltando qua e là, la magia cinquecentesca, tutta intenta a un dominio sulla natura, capace con l’astrologia di dominare le stelle, con l’alchimia di impadronirsi del segreto della trasmutazione dei metalli e dell’immortalità. Da questa tradizione emerge in particolare la figura di Tommaso Campanella, autore, anch’egli, di una utopia di stampo comunista, “La città del sole”, in cui beni e donne in comune vanno insieme a un assoluto dominio sulla generazione da parte di un tal ministro dell’Amore, il principe Mor, il quale è chiamato a stabilire chi debba accoppiarsi con chi, a quale ora e sotto quale congiunzione astrale. Ne nascerebbero, secondo il filosofo campano, creature sane nel corpo e nello spirito. C’è, ancora, “La nuova Atlantide” di Francesco Bacone, in cui il filosofo inglese immagina una terra paradisiaca il cui monarca è coadiuvato da esimi scienziati capaci di “restaurazione della giovinezza in qualche misura”, “formazione di nuove specie naturali”, “trapianto di una specie in un’altra”, “accelerazione della germinazione”, manipolazione e controllo dei processi naturali di nascita, crescita ed invecchiamento.
Si potrebbe proseguire certo a lungo, prima di giungere alle dottrine eugenetiche moderne, alle dottrine ottocentesche appunto.
Ma sono dettagli. Infatti il cuore del ragionamento di Santosuosso non sta tanto nelle date sbagliate e nell’aver saltato a pie’ pari un lungo pezzo di storia dell’eugenetica, quanto nel cercare di far passare un concetto assai specioso, sperando che il lettore non colga il salto arbitrario di significati. Giungendo all’attualità, e in particolare alla fecondazione artificiale, Santosuosso spiega che l’eugenetica non consisterebbe sostanzialmente nel tentativo di migliorare la specie, sul modello dei nazisti, con l’unica metodica che conosciamo, e cioè l’eliminazione di embrioni o feti o neonati “difettosi”, ma nel fatto che una simile operazione venga imposta da uno Stato di qualche tipo.
Eugenetica diverrebbe dunque sinonimo semplicemente di coazione, per cui “andrebbe fatta un’operazione di pulizia terminologica: non andrebbe usato il termine eugeniche per tutte le scelte che non sono imposte. Se sono scelte individuali queste scelte vanno preservate”.
Pulizia terminologica
Pulizia terminologica è un po’ lo stesso della neolingua di Orwell: cambiare il significato delle parole, per renderle meno brutte, per mascherarle. E’ la stessa operazione con cui “fecondazione artificiale” è divenuta, col tempo, “procreazione medicalmente assistita”. Infatti eugenetica ha un significato ben preciso: deriva dal greco (da eu e ghignomai), e significa, letteralmente, nascere bene, specie, da un punto di vista della salute fisica. Nella storia diviene il tentativo di far nascere bene, o meglio di evitare che si nasca male: da qui i bimbi deformi gettati dalle rupi, gli accoppiamenti prestabiliti dei Lebensborn o le sterilizzazioni forzate dei difettosi.
Santosuosso, autoincaricatosi della pulizia etnica delle parole, decide invece che significhi altro: semplicemente coazione da parte di uno Stato. In base a questo ragionamento può poi asserire che è la legge 40, quella che disciplina l’accesso alle tecniche di fecondazione artificiale, è “una vera e propria legge eugenica, coattiva”, in quanto, come ogni legge, pone divieti e limiti, non importa se per proibire “le eventuali pratiche eugenetiche come pratiche individuali”.
Non sono più eugenici dei procedimenti di selezione, ma dei divieti, qualsiasi essi siano. Anche il codice stradale, specie se fatto da un governo di centrodestra, potrebbe diventare eugenetica! Nello specifico la legge 40 è colpevole, ad esempio, di impedire la diagnosi pre-impianto: non dice, il celebre magistrato, che detta diagnosi è la forma più tipica di selezione eugenetica, in quanto porta all’eliminazione, coatta, da parte del medico e della coppia, di embrioni giudicati inadatti, perché non sani o perché “troppo” sani (si conosce infatti l’uso della diagnosi pre-impianto anche da parte di coppie di sordi per determinare la nascita di un bambino che sia sordo anch’egli, o per determinare la nascita di maschi invece che femmine, e viceversa).
La legge 40 è colpevole, inoltre, di vietare le banche del seme, e cioè quel tipico procedimento eugenetico per cui due genitori decidono di avere un figlio con seme, ad esempio, di un premio Nobel, o di un famoso attore, o di un famoso sportivo o sportiva.
Diagnosi pre-impianto e accesso alle banche del seme non sarebbero pratiche eugeniche perché “scelte individuali”: non importa al Santosuosso se fatte da parte degli individui più forti, medico e genitori, senza alcuna consultazione di colui che è chiamato a nascere. Preso nel vortice della sua straordinaria “giurisperizia”, secondo la quale decide il più forte, basta che non sia lo Stato, il nostro afferma anche che un’altra ingiustizia della legge 40, è quella di permettere l’accesso alla fecondazione artificiale solo alle coppie sterili, inducendo invece coloro che sono curabili nella loro sterilità a farsi appunto curare, per poter concepire, se possibile, secondo natura. In questo caso la legge 40, favorendo il concepimento naturale rispetto a quello artificiale, vorrebbe arbitrariamente a stabilire “quale è il corretto modo di riprodursi”.
Condizioni capestro
Siamo ancora di fronte al rovesciamento della realtà, come prima al rovesciamento delle parole: la coazione starebbe nel promuovere le cure che portano alla rimozione della sterilità e al concepimento naturale, e non nel concepire artificialmente, infilando a forza con un microago uno spermatozoo difettoso in un ovulo prodotto con tempeste ormonali, per poi inserirli in una custodia di vetro, e infine impiantare l’embrione con un catetere, direttamente nell’utero, saltando il naturale passaggio in tuba! E qui mi fermo, per non analizzare un’altra sconcezza della legge 40. Solo, perché il lettore intenda, un accenno: tale legge, eugenica per chi non lo avesse capito e trovasse per caso sul vocabolario indicazioni fuorvianti sul significato della parola, stabilisce addirittura che i genitori che accedono alla Fiv “devono essere entrambi viventi”! E’ veramente troppo!
Francesco Agnoli
© IL FOGLIO 6 novembre 2004