Assalito un convento di carmelitane nel Madya Pradesh.
I dati sulle violenze contro i cristiani
Il guardiano del convento è stato ferito. Distrutta anche una statua della Madonna di Lourdes a Kolar. Nel solo stato dell’Orissa si registrano finora 45 morti; 5 scomparsi; 18 mila feriti…
Mumbai (AsiaNews) – Il guardiano del convento delle carmelitane di Banduha (Ujjain, Madya Pradesh) è stato ferito cercando di proteggere le suore; nel Karnataka, la chiesa siro-cattolica di St George a Ujire è stata devastata e incendiata; una statua della Madonna, nella grotta di Lourdes a Kolar è stata distrutta. Sono alcune nuove violenze contro i cristiani che si registrano oggi. Tutti questi attacchi sono avvenuti la scorsa notte o nelle prime ore del giorno. L’ondata di violenze, cominciata in Orissa 3 settimane fa, ha fatto finora almeno 45 morti e più di 18 mila feriti.
Stanotte all’1.30 un gruppo di 5 persone si sono presentati con fucili ad aria compressa al Carmelo di Banduha, ferendo Amar Singh, il guardiano con 3 colpi non mortali. Ora si trova all’ospedale fuori pericolo. Amar ha detto che “gli assalitori mi intimavano di chiamare le suore; mi hanno anche picchiato perché io gridassi e le suore venissero fuori. Io ho resistito e mi hanno sparato. Dopo di questo sono andati via”.
Una delle suore, sr Dhanya, ha dichiarato che 4 giorni prima un gruppo aveva attorniato il convento facendo rumore e gridando slogan, ma il custode li ha cacciati via. La polizia ha aperto un’inchiesta sull’accaduto. La scorsa settimana a Ratlam è stata bruciata una chiesa. Ma la polizia ha addossato la responsabilità ai guardiani.
P. Anand Muttungal, portavoce dei vescovi del Madya Pradesh, afferma che questi incidenti non sono casuali: “In Madya Pradesh sono avvenuti diversi attacchi, con metodi differenti ma con la stessa matrice. Noi siamo persone che amano la pace e rifiutiamo la violenza”.
A Ujire, questa mattina alle 5, un gruppo di sconosciuti è entrato nella chiesa siro-cattolica di St. George. Essi hanno bruciato bibbia, messali, libri di preghiera, dissacrato il tabernacolo, distrutto il crocifisso, le statue e le icone. Hanno anche versato kerosene sui tappeti per bruciare l’edificio, che per fortuna non si è incendiato.
Il p. Joseph Valiaparambil, portavoce della diocesi di Belthangady ha dichiarato: “Noi siamo persone pacifiche. La comunità cattolica perdona i colpevoli e prega per loro… La nostra è una nazione democratica e tutti i cittadini godono di uguali diritti e privilegi… Le violenze e brutalità contro i cristiani del Karnataka avvengono sulla base di false ideologie e su concezioni distorte che violano il tessuto della democrazia e lo spirito della Costituzione indiana”.
Stamane, nelle prime ore del giorno, è stato anche attaccata un simulacro della grotta di Lourdes vicino alla chiesa di St Mary, a Kolar. I malviventi hanno spezzato la statua della Vergine e i vetri che la proteggevano. Alla statua della Madonna sono devoti sia cristiani che musulmani e indù. La custode ed addetta alle pulizie della grotta è proprio una donna indù.
Il 14 settembre nel Karnataka sono state assaltate 20 chiese. La polizia è accusata di non aver prevenuto gli attacchi pur avendone avuto informazione. I cattolici hanno allora organizzato manifestazioni per criticare l’atteggiamento delle forze dell’ordine. In molti casi la polizia ha picchiato selvaggiamente i fedeli.
La nuova ondata di attacchi contro cristiani e le loro istituzioni è cominciata in Orissa dopo l’uccisione ad opera di un commando maoista di Swami Laxmanananda Saraswati, leader radicale indù, lo scorso 23 agosto. Le organizzazioni fondamentaliste indù accusano i cristiani di esere gli autori dell’assassinio e per questo hanno lanciato un pogrom uccidendo e ferendo fedeli, distruggendo e incendiando chiese, scuole, centro sociali, case. Dall’Orissa, le violenze si stanno allargando al Madya Pradesh, al Karnataka e al Kerala.
Secondo la All India Catholic Union, a tutt’oggi, le violenze nel solo stato dell’Orissa, hanno fatto 45 morti; 5 scomparsi; 18 mila feriti. Sono state distrutte 56 chiese; 11 scuole; 4 sedi di ong; attaccati 300 villaggi; incendiate o distrutte oltre 4 mila case spingendo alla fuga più di 50 mila persone. Di queste circa 40 mila sono tuttora nascosti nella foresta; 12 mila sono ospitati nei campi di rifugio approntati dal governo.
di Nirmala Carvalho
AsiaNews 17/09/2008