Scienza&Vita risorge dopo la rottura della trasversalità partitica sui temi della bioetica provocata da Binetti&C.
Il comitato Scienza&Vita – ora trasformatosi in associazione – a più di un anno dal trionfale referendum sulla fecondazione artificiale progetta di ritornare in pista, per agire, per tornare protagonista, per ritrovare il ruolo centrale svolto nei primi mesi della sua esistenza. Ad affiancare la neo-presidente Maria Luisa Di Pietro e il confermato presidente Bruno Dalla Piccola, professore di Genetica Medica a “La Sapienza” di Roma (nonché direttore scientifico dell’Istituto Mendel di Roma e dell’Irccs Ospedale Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo) c’è oggi una squadra di tredici persone, otto uomini e cinque donne, con un curriculum professionale ricco e variegato…
Riportiamo l’intervista integrale alla presidente di Scienza&Vita, la prof.ssa Maria Luisa Di Pietro.
A volte ritornano: e dietro l’angolo rispunta Scienza&Vita
Scienza&Vita che rinasce, che scalda i motori, che ha voglia di scuotersi e a più di un anno dal trionfale referendum sulla fecondazione artificiale progetta di ritornare in pista, per agire, per tornare protagonista, per ritrovare il ruolo centrale svolto nei primi mesi della sua esistenza. Non si è mai fermata, l’attività del comitato referendario ora trasformatosi in associazione: non è mai morto, ma certo dopo il referendum non se l’é passata granché bene. La vittoria del 12 e 13 giugno 2005, insperata nei suoi contorni numerici, ha sorpreso anche i suoi dirigenti e lasciato in eredità un patrimonio di esperienze e di conoscenze quanto mai difficile da gestire. Un patrimonio che sarebbe stato criminale gettare al vento. Ora, quindici mesi dopo, l’attività di Scienza&Vita riparte con nuovo entusiasmo, con nuovi e vecchi obiettivi, con nuove persone. I temi all’ordine del giorno sono sempre gli stessi, ma le strategie devono fare i conti con l’ordinarietà e con il quotidiano; non c’è più l’obiettivo a breve termine, la situazione di emergenza caratterizzata dalla consultazione referendaria: ci sono invece prospettive di lungo termine, esigenze di formazione e informazione, e un network da ricreare e da ravvivare.
E’ il “passaggio dalla fase acuta alla fase cronica”, nell’immagine della professoressa Maria Luisa Di Pietro, dal maggio scorso presidente – in tandem con Bruno Dalla Piccola – della nuova Scienza&Vita. In questa conversazione con Korazym.org, la prof.ssa Di Pietro si sofferma sugli obiettivi della sua associazione, su ciò che è e su ciò che mira a diventare: un punto di riferimento per l’intero mondo associativo, quello di ispirazione cattolica e non, con in testa la necessità di offrire informazione scientifica e formazione adeguata alle sfide dei tempi. Un nucleo centrale a Roma, e poi realtà locali sul territorio, in via di definizione in queste settimane: a loro non il compito di meri esecutori delle decisioni altrui, ma l’incarico di proporre, di innovare e soprattutto di calarsi nel tessuto regionale, provinciale e cittadino (specialmente in tempi in cui… regione che vai, legislazione che trovi.).
Nelle risposte della presidente c’è il sempre fruttuoso tema dello scontro fra laici e cattolici, con le accuse rivolte a Scienza&Vita di portare avanti prospettive legate ad una fede religiosa: nient’altro che etichette, secondo il parere della prof.ssa Di Pietro, pronta a rivendicare il carattere squisitamente razionale delle sue argomentazioni. Il radicamento nel tessuto cattolico è comunque un dato di fatto dell’esperienza di Scienza&Vita e questo comporta onori e oneri: “Di solito si afferma che la difesa della vita è patrimonio dei cattolici, ma questo non è affatto chiaro a tutti i cattolici”, afferma constatando la scarsa sensibilità dimostrata da molti credenti sui temi eticamente sensibili. Una vera e propria “dissociazione fra fede e morale”, intorno alla quale molto si discute anche in ambienti ecclesiastici. Un eccesso le pronunce continue dei vescovi su questo argomento? “Non credo”, argomenta la presidente di Scienza&Vita, “piuttosto la dimostrazione che il termine ‘morale’ rimanda ingiustamente alla proibizione e all’imposizione, perdendo così il suo legame inscindibile con la fede”. E in vista del convegno ecclesiale di Verona, l’importanza di portare questi temi all’attenzione delle Chiese locali, ad iniziare dalle parrocchie.
Non si può non avventurarsi poi sul terreno politico, dove in attesa del dibattito parlamentare sul testamento biologico rimangono ancora vivi gli echi della mozione unitaria del centrosinistra sulle cellule staminali dello scorso luglio; una mozione firmata anche da Paola Binetti (la senatrice della Margherita che di Scienza&Vita è stata fondatrice e presidente al tempo del referendum) che ha sancito la rottura dalla trasversalità partitica sui temi della bioetica. Scienza&Vita – afferma la sua presidente – continuerà la sua azione di chiarimento e di sensibilizzazione, rivolta a tutti i cittadini e in forma speciale ai parlamentari, senza però assumere posizioni di tipo partitico. “Valutiamo i fatti e le opinioni, non le persone, e così ribadiamo le nostre posizioni, criticando se necessario quelle che non riteniamo corrette”. Un profilo basso (e saggio), che senza nulla togliere al ‘parlar chiaro’, mira a lasciare ai botta e risposta fra parlamentari gli attacchi, le polemiche e anche le dure accuse (piovute nei mesi scorsi su molti esponenti del centrosinistra) di arrendevolezza al nemico, se non di vero e proprio ‘tradimento’. All’orizzonte ci sono nuove decisioni, e per quanto ferita gravemente la strategia della trasversalità potrebbe ritornare attuale: meglio rasserenare il clima, dunque – davvero turbolento nelle settimane calde dello scorso luglio – e lavorare per ritrovare una totale sintonia.
Conteranno anche i rapporti personali, e nella sede del comitato Scienza&Vita ne sono nati davvero molti, un anno fa. Come quello fra Paola Binetti e un’altra delle sue compagne di viaggio referendarie ora migrate a Montecitorio: la ex presidente del Forum delle Associazioni Familiari Luisa Santolini, oggi nel centrodestra, come deputata Udc. La Santolini è una dei tre componenti del Consiglio Direttivo del comitato Scienza&Vita ad aver abbandonato ogni incarico diretto all’interno della rinata associazione: con lei anche Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita (oggi europarlamentare Udc) e Antonio Maria Baggio del movimento dei Focolari. L’unico componente del “vecchio” Consiglio a ‘sopravvivere’ è Edoardo Patriarca, già portavoce del Forum permanente del Terzo settore: a lui le deleghe sulla gestione finanziaria di Scienza&Vita. E così, ad affiancare la neo-presidente Di Pietro e il confermato presidente Bruno Dalla Piccola, professore di Genetica Medica a “La Sapienza” di Roma (nonché direttore scientifico dell’Istituto Mendel di Roma e dell’Irccs Ospedale Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo) c’è oggi una squadra di tredici persone, otto uomini e cinque donne, con un curriculum professionale ricco e variegato.
Oltre al già citato Patriarca, ecco in rapida rassegna Carlo Bellieni (neonatologo), Luca Diotallevi (professore associato di Sociologia all’Università Roma Tre), Gian Luigi Gigli (direttore di Neurologia all’Azienda Ospedaliera di Udine), Daniela Notarfonso (medico bioeticista), Laura Palazzani (ordinario di Filosofia del Diritto a Roma Tre e Lumsa), Patrizia Vergani (professore associato di Ostetricia e Ginecologia presso la Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca), Gino Passerello (medico e membro del Rinnovamento dello Spirito), Lucio Romano (dirigente ginecologo e vice-presidente del Movimento per la vita italiano). E con loro, ancora, i più conosciuti Claudia Navarini (docente di Bioetica all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum), uno fra i volti più giovani presentati da Scienza&Vita durante la campagna referendaria; Marco Olivetti (ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Foggia), spesso presente come editorialista sulle pagine di ‘Avvenire’; Adriano Pessina (direttore del Centro di Bioetica della Facoltà di Medicina e Chirurgia all’Università Cattolica di Roma), altro volto noto ai tempi del referendum e infine Lucetta Scaraffia (professore di Storia contemporanea presso l’università La Sapienza di Roma), cui è spettata anche la carica di vice-presidente dell’Associazione Scienza&Vita. Fra presidenti e consiglieri, quindici persone: voci, competenze ed esperienze sono le più diverse. Visto il compito da realizzare, potrebbero servire tutte.
di Stefano Caredda/ 28/09/2006
http://www.korazym.org/news1.asp?Id=19266
INTERVISTA
MARIA LUISA DI PIETRO: LA NUOVA SCIENZA&VITA
A quattro mesi dalla sua nomina, Korazym.org incontra la presidente dell’ex comitato referendario, ora diventato associazione. I progetti per il futuro, la riorganizzazione interna, i rapporti con la Chiesa e con il mondo della politica.
Una vita all’interno dell’università, come studente prima, come docente poi. Un marito, due figlie, una passione per la famiglia e la bioetica. Non sarà conosciuta dal grande pubblico, ma fra gli addetti ai lavori la prof.ssa Maria Luisa Di Pietro è ben nota: una laurea in Medicina, una specializzazione in Endocrinologia, svariate cattedre di Bioetica e famiglia, etica della vita, etica della salute. E’ di casa all’Università Lateranense e alla Cattolica, di lei nelle librerie specializzate trovate numerosi volumi. Siciliana di Avola (Siracusa), la presidente dell’Associazione Scienza&Vita è membro della Pontificia Accademia per la Vita, di numerosi Comitati Etici ospedalieri ed anche del Comitato Nazionale per la Bioetica, con un mandato scaduto appena qualche settimana fa. Nella sede di Scienza&Vita, sul Lungotevere a Roma, idee chiare e progetti in corso di realizzazione.
Maria Luisa Di Pietro dallo scorso 24 maggio è, in tandem con il prof. Dalla Piccola, presidente dell’Associazione Scienza&Vita. In quali condizioni di salute si trova Scienza&Vita?
Scienza&Vita si trova in un momento assai delicato, quello del passaggio da una fase acuta ad una fase cronica. Il referendum 2005 è stato un periodo di fase acuta: quattro mesi di lavoro intenso su un obiettivo ben definito, in risposta ad una vera e propria situazione di emergenza. Oggi il passaggio dall’acuto al cronico chiede, rivedendo anche alcune strategie, di mantenere vivo il dibattito e l’attenzione sui temi della bioetica. Non solo la fecondazione artificiale, dunque, ma la sperimentazione su esseri umani in fase embrionale, le cellule staminali, il fine vita, l’aborto, l’utilizzo di prodotti farmacologici come la Ru486, e così via. Tenendo conto che, all’interno di questa fase cronica di intervento, vi sono periodicamente delle nuove crisi acute, cioè momenti in cui l’opinione pubblica ritorna ad occuparsi massicciamente di alcuni di questi temi, come è successo lo scorso luglio sul caso delle staminali embrionali.
Dal cronico all’acuto, quali gli obiettivi di Scienza&Vita?
Direi che anzitutto l’obiettivo è di tipo formativo: i temi della bioetica erano quasi sconosciuti fino a pochi anni fa e in alcuni ambienti – come quello parlamentare – sono venuti alla ribalta solo piuttosto recentemente. La fase referendaria ha visto il paese confrontarsi su larga scala, dalla scuola alla parrocchia, dalla televisione ai giornali: quelle coscienze che sembravano rattrappite ecco che si sono risvegliate. Ora è nostro compito svolgere un lavoro in ambito formativo e informativo che unisca il lato scientifico (l’informazione corretta) all’interpretazione: il dato di scienza infatti non basta, occorre capire come viene interpretato, cioè con quale contenuto valoriale gli viene dato significato. E poi, naturalmente, vogliamo realizzare un’opera di sostegno, di chiarificazione e di coscienza critica all’interno di quel dibattito che in modo generico possiamo definire ‘politico-culturale’.
A proposito di politica, quale ruolo ebbe nel successo referendario la trasversalità di quella battaglia, cioè il fatto che venisse appoggiata da parlamentari del centrosinistra e del centrodestra?
Il fatto che ci sia stato un coinvolgimento politico di persone disseminate nei vari partiti è stato un dato fondamentale, e non solo ai fini del risultato: ci ha dato la consapevolezza che le persone che credono in determinati valori e che hanno cuore la vita di ogni essere umano operano in realtà diversissime fra loro. Il che, peraltro, richiede grande capacità e volontà ad andare controcorrente, a sfidare le logiche che sembrano maggioritarie. La trasversalità partitica è stata senza dubbio un fatto positivo, ma ancor più positivo è stato l’aver toccato con mano che una determinata scelta partitica non necessariamente corrisponde ad una rinuncia al portare avanti determinati valori.
Eppure la trasversalità partitica, con la mozione del luglio scorso, ha subito una grave e inedita battuta di arresto. Perché è venuta meno? E si tratta di un addio definitivo?
Il nostro compito, come associazione, è quello di rivolgerci alle singole persone, nell’ambito del percorso di formazione e informazione che dobbiamo mettere in campo. Dopo di che, spetta alle singole persone portare quanto noi offriamo nello specifico delle loro realtà. Noi con fiducia continuiamo a lavorare in questo senso: e le concrete decisioni parlamentari – per stare alla politica – saranno poi responsabilità delle singole persone. Per spiegarmi meglio utilizzerei l’immagine del comitato etico di un ospedale: i ricercatori chiedono al comitato una consulenza etica, ma una volta fornita la decisione ultima sul da farsi spetta solo a loro. Ciò non toglie comunque che il comitato continui a funzionare e a proporre le proprie riflessioni. Ecco, anche Scienza&Vita continua a fare il proprio lavoro, sperando che la sua azione possa essere tenuta in considerazione da chi poi deve decidere.
Riguardo alla mozione dello scorso luglio, non si sono usati toni eccessivi nei confronti di chi ha scelto una diversa strategia?
Non è nel nostro stile attaccare le persone, e infatti non l’abbiamo fatto. Abbiamo criticato i fatti, le idee, il contenuto delle decisioni prese. Abbiamo giudicato le opinioni, non chi le ha pronunciate. L’associazione ha il dovere di ribadire le proprie posizioni e di criticare, se necessario, quelle che non condividiamo. Ma nessun attacco alle persone; anche perché in futuro, su altri temi, le cose potrebbero andare diversamente…
Eppure, la capacità di dialogare con tutti, anche con quei partiti che la pensano diversamente, non è comunque qualcosa di positivo?
Certamente si: confrontarsi è sempre utile, e questo è ciò che anche noi facciamo. Ma resto ugualmente dell’idea che vi sono valori che non possono essere mediati e sui quali non è possibile accettare alcun compromesso, per il semplice fatto che nel momento stesso in cui si media e si raggiunge un compromesso si svilisce quel valore. Posso farlo se stiamo parlando di legge finanziaria, non posso farlo se ciò riguarda la vita, la dignità di un essere umano.
Nel corso dei prossimi mesi all’esame del Parlamento arriveranno testamento biologico e unioni civili. Preoccupati?
Le preoccupazioni ci sono sempre: lavoro in quest’ambito da oltre vent’anni e non ricordo un giorno in cui non fossimo preoccupati. Ma è fondamentale mantenere vivo il dibattito e il confronto: è importante rendersi conto che non sono i valori a dividerci, ma la gerarchia di quei valori. Per intenderci: anche chi, come noi, mette al centro l’essere umano e la sua dignità sa riconoscere che la libertà è un valore; però semplicemente non è il primo, non è quello di fronte al quale gli altri devono inchinarsi. Il confronto sulla gerarchia dei valori deve esserci: per la nostra parte siamo intenzionati a portarlo avanti.
Parliamo di Scienza&Vita. Come è stato l’approccio con le tante realtà associative che hanno contribuito alla sua fondazione?
Per vent’anni ho vissuto a tempo pieno dentro l’università e d’improvviso l’ingresso in Scienza&Vita come presidente mi ha portato in contatto con realtà associative che talvolta neppure conoscevo. Personalmente non faccio parte di alcuna di esse, e forse questo è un aspetto positivo. In queste settimane stiamo riprendendo i contatti con tutte le associazioni, le comunità, i movimenti che ci hanno accompagnato durante il referendum. Dico che Scienza&Vita ha bisogno di confrontarsi con le ricchezze di queste realtà, e al tempo stesso dico che il nostro obiettivo è quello di offrire loro ciò che sappiamo fare. Se dunque qualcuna di esse, dall’Agesci all’Azione Cattolica, dai focolari al Rinnovamento, ai neocatecumenali, per stare fra quelle di ispirazione cattolica, riterrà che all’interno dei loro specifici itinerari formativi c’è spazio per un’analisi e un approfondimento sui temi della vita, bene, Scienza&Vita c’è, ad offrire piena disponibilità e tutto il supporto e le competenze necessarie. Vogliamo essere davvero al servizio di tutto il mondo dell’associazionismo.
Per ciò che riguarda invece le vostre realtà attive a livello locale?
I lavori sono in corso. Ognuno dei 300 comitati creati al tempo del referendum dovrà decidere a breve se continuare a vivere trasformandosi in associazione. Da parte nostra non vogliamo organizzazioni gerarchiche: non vogliamo che si abbia la sensazione che qui a Roma si decide e altrove si realizza. E non vogliamo neppure gerarchie a livello regionale o provinciale, adatte più che altro a creare attriti e conflitti. Certamente ci vogliono un coordinamento e una serie di regole comuni (chiediamo ad esempio che i nostri responsabili non abbiano incarichi diretti a livello politico), ma poi la ricchezza del locale non può essere soffocata e non è nostra intenzione farlo. Anche perché le realtà locali si confrontano con uno specifico territorio, e ogni territorio ha le sue caratteristiche, il suo tessuto sociale, le sue maggioranza politiche, le sue legislazioni particolari sui temi di competenza regionale. E il loro lavoro, in prospettiva, è quanto mai importante.
Scienza&Vita e la Chiesa. Prendete ordini dalla Conferenza Episcopale Italiana?
No. Certamente in noi è molto forte la componente cattolica, ma i valori che portiamo avanti non riguardano solo credenti. Questa divisione fra laici e cattolici è ormai superata. A dirla tutta non è neppure corretta, visto che laico non dovrebbe contrapporsi a cattolico ma semplicemente indicare chi non ha fatto una specifica scelta di vita religiosa, cioè chi non è sacerdote, suora, ecc. E del resto mi chiedo se la contrapposizione laico-cattolico non sia una mancanza di rispetto per gli appartenenti alle altre fedi e religioni, che in questo contesto non hanno dove collocarsi. Ad ogni modo, i valori in cui crediamo si possono comprendere razionalmente: quale ragione non fortemente condizionata da una ideologia non ritiene che la vita umana vada difesa? Oltre le etichette, ci sono realtà che si possono comprendere con la ragione, che sono condivise da chi crede e da chi no. La fede religiosa dà qualcosa in più, ma se dico che dopo anni e anni di sperimentazione sull’embrione umano non c’è alcun risultato operativo che riguardi le staminali embrionali, a differenza di quelle adulte, non faccio un atto di fede: semplicemente constato una situazione. La fede e la ragione non si contrappongono.
Alle porte il convegno ecclesiale di Verona, con percorsi di riflessione anche su questi temi…
Non sappiamo quali contenuti ne scaturiranno, ma certamente saranno motivo di confronto e di interesse. Soprattutto penso che questo quarto convegno ecclesiale sia una importante occasione data ai cattolici. Stiamo attenti a una cosa, infatti: di solito si afferma che la difesa della vita è patrimonio dei cattolici, ma questo non è affatto chiaro a tutti i cattolici. Nel mondo cattolico vi è oggi una profonda dissociazione fra fede e morale, per cui si ritiene che anche quei contenuti espressi dal magistero della Chiesa siano dei semplici optional, che non necessariamente devono essere seguiti. Una riflessione su tutto questo penso sia necessaria.
A tal proposito, c’è chi pensa che proprio l’insistenza dei vescovi sui temi della morale, della vita e della famiglia, sia controproducente. Che cioè si crei alla base uno scollamento con un Magistero che si occupa più di morale che dell’insegnamento centrale della fede, che parla più di vita e famiglia, di aborto e di unioni civili, che di Gesù…
Io penso che il problema sia opposto. Penso cioè che quando il Magistero affronta – del tutto legittimamente – temi della morale, stia in realtà affrontando temi connessi strettamente alla fede. Non vedo divisione fra insegnamento morale e formazione di fede perché le fonti e i percorsi sono legati fra loro: non è forse inconcepibile avere fede e non credere al tempo stesso che ogni essere umano vada difeso, e che questo comporti determinate prese di posizione? La fede porta un messaggio, ma questo messaggio deve essere tradotto nella vita concreta: se credi in quel messaggio, non puoi non viverlo in tutta la sua ricchezza. Tradurre nella propria vita quella fede significa fare delle scelte, e nel momento in cui vengono fatte esse assumono una valenza morale. Nessuna distinzione quindi; il vero problema piuttosto è che quel termine, “morale”, appare legato all’imposizione, ad una serie di paletti che determinano cosa fare e cosa non fare. Bene, non è così. Il credente deve intendere la morale non come il contenuto ma come il contenitore, non come qualcosa che viene dall’esterno, ma come qualcosa che avviene dentro l’uomo, come la traduzione pratica di quella che i moralisti definiscono la legge naturale. Quella legge naturale scritta in ogni uomo e che per il credente altro non è che emanazione della legge divina. Non penso dunque che il Magistero parli troppo di morale: penso però che per far capire bene i passaggi fra fede e morale sia fondamentale il ruolo delle Chiese locali, ad iniziare dalle parrocchie.
In conclusione, soddisfatta del suo nuovo lavoro?
Ho trovato un ambiente caratterizzato da grande entusiasmo, con una voglia di fare inattesa. C’è la volontà di ripartire, di farsi sentire ancora; c’è soprattutto la consapevolezza di lavorare per cose in cui credono in tanti, tutti desiderosi di dare forza ad un discorso a favore della vita umana. Si, è una grande sfida, e ci piace giocarla.
di Stefano Caredda/ 28/09/2006
http://www.korazym.org/news1.asp?Id=19267