In Campania e Umbria boom di invalidi civili
Negli ultimi 5 anni incrementati del 47% gli assegni previdenziali versati. Il terzo posto va alla Lombardia (+40%), davanti alla Calabria. Aumento esponenziale da record dal 2001 ad oggi che ha contribuito in questi anni a spolpare le casse dello Stato…
Roma – L’ombra delle pensioni d’invalidità torna nel mirino delle cronache. Il tema riemerge periodicamente e può essere classificato tra i mali endemici del Paese. Secondo gli ultimi dati del ministero del Welfare si è registrato un aumento esponenziale da record dal 2001 ad oggi che ha contribuito in questi anni a spolpare le casse dello Stato. Fanno scuola le parole del ministro Roberto Maroni datate settembre 2003: «C’è un circolo perverso, questa situazione crea degli abusi che noi vogliamo correggere».
Il paese degli invalidi è un ondata in piena, in quattro anni l’aumento è del 23,7%, tant’è che l’Inps ha dilatato la sua spesa da 8 miliardi e 300 milioni nel 2001 a 11 miliardi e 209 milioni nel 2004. Ed è proprio in quest’ultimo periodo che si è registrato il picco massimo per i neo pensionati, un’impennata del 9,5% che etichetta l’annata 2004 come una tra le più “positive” per gli invalidi civili della penisola. A riportare alla luce la vecchia piaga delle pensioni d’invalidità è stato il settimanale Panorama che registra in testa alla graduatoria ancora una volta una regione del Sud: la «rossa» Campania governata da Antonio Bassolino con un 47,3% in più di invalidi. Per chi non l’avesse letta, è di qualche giorno fa la notizia pubblicata dal Giornale di una famiglia napoletana titolare di un’anomala azienda a conduzione familiare che macinava profitti senza produrre un solo bottone: semplicemente fabbricando invalidi. Venti persone tutte a carico dello Stato. Marito e moglie, i loro tre figli, le due nuore e il genero, le due zie del capofamiglia, la madre dello stesso, i due consuoceri, quattro cugini, le due cognate del figlio, la cognata della figlia. Una famiglia allargata e afflitta in toto da invalidità al cento per cento. La Campania, regione per antonomasia «degli sprechi», non smentisce la sua fama e riaccende un’antica polemica mai stemperata, cavallo di battaglia del Carroccio. In principio, fu il leader leghista Umberto Bossi, nel lontano 1999, che con il fucile puntato verso il Meridione urlava al popolo padano: «L’Inps in Padania ha un saldo attivo di 395 mila miliardi (di vecchie lire, ndr). Saldo che però viene fagocitato dal buco del Sud causato dalle false pensioni, dalle baby pensioni e dalle pensioni elargite per il voto di scambio».
L’ex titolare del dicastero per le Riforme anche nel 2004 in vista della nuova legge sulle pensioni tornò a parlare al suo elettorato ribadendo l’impegno della Lega per «creare un sistema previdenziale più equo, eliminando i privilegi ad incominciare dalle false pensioni d’invalidità che sono tre milioni». Un’enormità, se confrontata alle 600 mila della Germania. Senza indugi, e sulla scia del Senatùr, il ministro Maroni non esita ancora una volta a riaprire la polemica dalle pagine del settimanale della Mondadori che «la piaga dei falsi invalidi si è riaperta soprattutto nelle regioni del Sud». Secondo il ministro tutto è cominciato nel 2001 quando con una riforma «il centrosinistra ha attribuito alle regioni il compito di definire l’iter di pensioni d’invalidità e l’indennità di accompagnamento» attribuendo all’Inps «il compito di pagare le prestazioni».
Un’operazione che smarcherebbe le regioni da ogni forma di controllo diretto da parte dello Stato. In sostanza l’ente locale decide chi ha diritto e l’Inps paga. E le altre Regioni? Cartellino giallo anche per la «rossa» Umbria con un incremento delle pensioni del 47%, e la Lombardia con il 40.1%. E ancora Calabria, Liguria, Marche, Emilia. Seguono Veneto, Toscana e Piemonte. Ultima, la Sardegna.
di Emanuela Ronzitti
Il Giornale n. 190 dell’ 11-08-2005