L’Unicef? Non convince
Il “Fondo delle Nazioni Unite per i bambini” (UNICEF), istituito nel 1946 per aiutare i bambini vittime della guerra, oggi finanzia la diffusione di aborti e contraccettivi. La Santa Sede ha ritirato il suo contributo. Per aiutare i bambini cerchiamo alternative.
Si terrà a New York dall’8 al 10 maggio l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata all’infanzia. Questa sessione speciale farà il punto dopo il Summit mondiale sull’infanzia svoltosi nel 1990, quando vennero presi degli impegni per la protezione e il progresso dell’infanzia, per ridurre la mortalità infantile, assicurare la salute e garantire l’accesso universale ad una educazione scolastica di base.
Dal punto di vista medico, i progressi nel campo dell’infanzia sono stati enormi. Nel 1970, meno del 10% dei bambini era vaccinato, mentre oggi siamo al 75%. Il vaiolo sembra ormai eliminato dalla faccia della terra e nei passati 12 anni si è lavorato per sconfiggere definitivamente la poliomielite. Anche se resta ancora molto da fare. Sono infatti 900.000 i bambini sotto i cinque anni di età che muoiono ogni anno a causa del morbillo, 200.000 muoiono per tetano neonatale, 370.000 per tosse convulsa, 50.000 per tubercolosi. Negli incontri preliminari, tenuti per stilare il documento preparatorio per la sessione speciale, la discussione è stata molto accesa. Il punto più controverso del dibattito riguarda il libero accesso alla pratica delle interruzioni di gravidanza e la diffusione tra gli adolescenti di pratiche contraccettive, come le pillole abortive e sterilizzazioni, da utilizzare senza il consenso dei genitori.
Due temi sostenuti dall’Unicef e fortemente contrastati non solo dalla Santa Sede ma soprattutto dagli Stati Uniti. L’amministrazione Bush ha idee radicalmente opposte a quelle di Bill Clinton in tema di diritto alla vita. Sembrerà paradossale, ma la posizione più favorevole ai piani di “riduzione delle nascite” è quella dell’Unicef, un atteggiamento che mostra come l’United Nation Children’s Fund (Fondo delle Nazioni Unite per i bambini) abbia smarrito la sua vocazione originale. L’Unicef nacque nel 1946 con lo scopo preciso di prendersi cura dei bambini vittime di guerra dell’Europa e della Cina.
Fino all’inizio degli anni Sessanta l’Unicef ha svolto un eccellente lavoro per provvedere cibo, acqua potabile, medicinali e cure mediche ai bambini bisognosi; poi, con il risorgere delle teorie maltusiane, lo sviluppo dei contraccettivi (pillole e spirale) e la diffusione della pratica della sterilizzazione, l’Unicef è stato coinvolto nel programma di riduzione delle nascite.
Nel maggio del 1966, l’allora Direttore Generale Henry R. Labouisse sottopose all’Executive Board dell’Unicef un rapporto intitolato “Il possibile ruolo dell’UNICEF nei progetti di pianificazione familiare“.
Molte delegazioni fecero notare che con l’accettazione di tali programmi l’Unicef avrebbe tradito il suo mandato di salvare i bambini, favorendo le pratiche che non l’avrebbero mai fatti nascere. Hilaire Willot, che dirigeva la delegazione belga, sostenne che era impossibile per l’Unicef partecipare a programmi che erano diretti contro le nascite dei bambini.
Per evitare la spaccatura dell’Executive Board, la proposta fu bloccata e si decise di affrontare il problema di partecipazione ai vari programmi caso per caso. In realtà, così come accadde con l’OMS (l’organizzazione Mondiale della Sanità), bastò cambiare il termine “riduzione delle nascite” con la denominazione di programmi atti a “preservare la salute riproduttiva” di mamme e bambini, per far accettare all’Unicef la partecipazione a piani di controllo delle nascite. Nel 1970, lo stesso Labouisse raccomandò, in un rapporto sottoposto all’attenzione dell’Executive Board, di “autorizzare l’Unicef a includere contraccettivi nei programmi di aiuto richiesti dai governi”.
I dati parlano chiaro. Nel 1966 l’Unicef spese 700.000 dollari per programmi di pianificazione familiare. Nel 1971, 2,4 milioni di dollari e nel 1973, 4,2 milioni di dollari per gli stessi scopi in 30 paesi.
Nel 1987 alla Conferenza Internazionale per “una salute migliore per donne e bambini attraverso i piani di pianificazione familiare”, tenuta a Nairobi in Kenya, l’Unicef sostenne apertamente l’aborto come “servizio legale, di buona qualità che dovrebbe essere accessibile a tutte le donne”. Nel 1992 l’Unicef fece pressioni per praticare l’aborto in paesi dove questo era illegale. Il 17 aprile del 1990 mons. Renato Martino, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l‘ONU, parlò all’Executive Board dell’Unicef dicendo: “La Santa Sede guarda con grande allarme le ripetute proposte fatte da agenzie delle Nazioni Unite, fondate per salvaguardare la salute e la vita dei bambini, che invece sono coinvolte in progetti di distruzione della vita umana, al punto che l’Unicef è diventata una sostenitrice dell’aborto in paesi dove le legislazioni vietano l’interruzione di gravidanza. La Santa Sede si oppone fermamente a queste proposte non solo dal punto di vista morale, ma anche perché questo implica un’inaccettabile deviazione dallo statuto di fondazione dell’Unicef, un organismo nato in favore dei bambini”. In base a questa controversia e alla reiterata partecipazione dell’Unicef a programmi di riduzione delle nascite, la Santa Sede ritirò nel 1996 il suo simbolico contributo annuale all’Unicef (2.000 dollari) e da allora ha tenuto un atteggiamento fortemente critico nei suoi confronti.
Altro elemento contraddittorio è rappresentato dalla nomina del direttore esecutivo dell’Unicef, che dal 1995 è a signora Carol Bellamy, la quale è una delle più radicali sostenitrici dell’aborto.
Ha il record di votazioni di leggi favorevoli all’interruzione della gravidanza e contrarie alla famiglia tradizionale. Nel settembre del 1999, con Bill Clinton ancora in carica, la Bellamy è stata riconfermata direttore esecutivo dell’Unicef per un secondo mandato che scadrà nell’aprile del 2005. A meno che l’amministrazione Bush non riesca a esercitare pressioni consistenti sulla Bellamy, è difficile che l’Unicef cambi politica.
Associazioni a favore dell’Infanzia
Vogliamo aiutare i bambini? La Chiesa e il mondo cattolico offrono innumerevoli opportunità. Ricordiamo in Italia l’opera del Movimento per la Vita, tra cui: Sos Vita, progetto Gemma, progetto Esmeralda, e i 250 Centri di Aiuto alla Vita. Attraverso Sos Vita (numero verde 8008-13000, attivo 24 ore su 24 e 305 giorni l’anno) è possibile sostenere tutti i diversi progetti. Tra le grandi associazioni, va segnalata l’opera straordinaria svolta da “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, fondata dal famoso P. Werentried van Straaten (Padrelardo), che finanzia progetti per l’educazione religiosa dei bambini, tra i quali spicca la “Bibbia del fanciullo”. In Italia, si può contattare il Segretariato (tel. 06/69893911) per avere maggiori informazioni. Praticamente tutti gli Ordini religiosi missionari hanno a che fare con la formazione e l’aiuto ai bambini nei Paesi poveri. Segnaliamo, per fare un solo esempio, il progetto dei Padri Carmelitani in Congo. In località Butembo intendono costruire una scuola elementare per mille bambini, Il costo per pagare gli studi a ciascun bambino è di appena 28 dollari all’anno. Una cifra davvero irrisoria. Per informazioni, chiamare Padre Chelo [telefono cell. 3290204396], Coordinatore del progetto.
Fonte: Il Timone n. 19