Quelli che scioperano “per noi”
Magistrati in lotta contro chi ci rappresenta davvero: il Parlamento
di Giuliano Ferrara
Una volta davanti ai cantieri dei lavori in corso, che naturalmente ostacolavano il traffico, si trovava scritto: “Scusateci per i disagi. Stiamo lavorando per voi”.
Ora invece sta prendendo piede un’altra moda, invece di lavorare si sciopera, sempre “per noi”.
Il preside della facoltà di ingegneria di Roma, insieme al corpo accademico, ha decretato il blocco della didattica “frontale”, cioè in pratica una serrata, per contrapporsi alla legge sullo stato giuridico dei docenti, presentata in Parlamento da Letizia Moratti. Si tratta di un’agitazione estrema, che lede il diritto allo studio e che ha alla base motivazioni di difesa corporativa. La stessa che anima le obiezioni espresse dai rettori, che puntano come sempre a un’autonomia senza responsabilità, pagata a piè di lista dai cittadini. Ma nelle affermazioni del preside Tullio Bucciarelli si chiudono le aule “per scongiurare lo sfascio”. Cioè per farci un favore.
Negli stessi termini si è espresso il presidente della corrente di sinistra dei magistrati, Livio Pepino, sulle colonne dell’Unità: “Stiamo scioperando per voi”.
La ragione è sempre la stessa, il tentativo di impedire al Parlamento, che è la rappresentanza istituzionale della nazione, di legiferare sull’ordinamento giudiziario, che i magistrati considerano “cosa loro”.
Sul fatto che questi scioperi contro il Parlamento siano legittimi esistono molti dubbi; che abbiano alla base un interesse di categoria, non c’è invece dubbio alcuno. Magistrati e rettori pensano che gli ordinamenti di scuola e giustizia, istituzioni pagate da tutti, debbano corrispondere solo al loro giudizio e al loro interesse. Per questo combattono una lotta sorda contro quelle che chiamano “ingerenze” esterne. Lo hanno fatto contro tutti i governi e contro tutte le riforme, e purtroppo spesso con successo. Che continuino a farlo, utilizzando i diritti democratici contro la democrazia, è forse inevitabile.
Almeno non dicano però che lo fanno per noi, cioè per noi cittadini che, come ci insegnano all’università, siamo rappresentati dal Parlamento e non dalle corporazioni.
Almeno per ora.
Il Foglio 28/09/2004