L’euro-totalitarismo avanza: c’é il reato di pensiero…

L’Ue legge nei pensieri: il “convincimento” è reato

Nel mirino chi nutre avversione religiosa o etnica. L’Ue prevede in pratica la possibilità di punire severamente non azioni, e neppure discorsi, ma semplici pensieri…

Tra l’indifferenza generale, con la ratifica del Trattato europeo da parte del nostro Parlamento si sta consumando un evento di portata davvero storica. Dove l’aggettivo “storica”, diversamente da quanto siamo abituati a pensare parlando di Europa, in questo caso non è affatto carico della solita enfasi e retorica positiva, ma esprime una prospettiva a dir poco inquietante. Il “sì” al Trattato implica infatti, a ben guardare, un sostanziale scavalcamento della Costituzione italiana e di quella degli altri 24 Paesi membri della Ue. Per rendersene conto basta considerare che l’articolo 6 del Trattato costituzionale europeo sancisce testualmente il principio secondo cui “La Costituzione e il diritto adottati dalle istituzioni dell’Unione nell’esercizio delle competenze a questa attribuite prevalgono sul diritto (e dunque anche sulle Costituzioni, ndr) degli Stati membri”. Per cogliere la gravità di tale principio, è sufficiente mettere questo articolo in correlazione con le competenze di cui gli Stati membri, incluso il nostro, si spogliano: ne emerge con chiarezza che le sovranità dei Paesi dell’Unione vengono fagocitate ed annullate dall’ordinamento unionista.
Gli Stati, in realtà, nel sistema delineato dalla Costituzione europea restano tali solo di nome, mentre di fatto e di diritto, divengono delle macroregioni subordinate ad un potere centrale. Le Costituzioni nazionali, poi, se si supera il filtro deformante delle definizioni formali, vengono ridotte al rango di statuti di enti locali dopo essere state subordinate alla Carta fondamentale ed alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione. Il campo nel quale il Trattato perde più chiaramente le sembianze incoraggianti e progressive normalmente associate all’abbattimento dei confini di ogni tipo fra gli Stati aderenti e al processo di unificazione dei Paesi membri, riguarda lo spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. In proposito la Commissione e il Consiglio dell’Ue hanno varato la cosiddetta “decisione quadro” inerente il mandato d’arresto europeo, la cui applicazione comporta che un cittadino italiano potrà essere arrestato e deportato nelle carceri di uno qualsiasi degli altri 24 Paesi dell’Unione su ordine di un qualsiasi giudice o pubblico ministero della medesima, perché accusato o condannato per un fatto che si afferma avvenuto in Italia anche se per la legge italiana non costituisce reato, ma lo costituisce invece per quella dello Stato cui appartiene il magistrato richiedente. Il tutto senza che quest’ultimo sia tenuto a dare di ciò la benché minima spiegazione e senza alcuna possibilità di controllo da parte dell’autorità giudiziaria italiana. Ciò che vale per il cittadino italiano vale, ovviamente, anche per quello di un qualsiasi altro Stato europeo. Queste innovazioni procedurali non solo annichiliscono tutte le garanzie di libertà previste dalla Costituzione italiana (in particolare agli articoli 13, 24, 25, 26, 27 e 111), ma abbattono il pilastro portante della stessa, e cioè l’articolo 1 laddove afferma che “la sovranità appartiene al popolo”. Se infatti con i nuovi meccanismi europeisti vengono a vigere in Italia le ignote e mutevoli legislazioni penali di ben 24 Paesi – in attesa dell’ingresso della Turchia e di altri stati candidati -, non si può evidentemente più dire che il potere legislativo, che della sovranità costituisce l’essenza, appartiene al popolo italiano. Le innovazioni introdotte dalla decisione quadro sul mandato d’arresto europeo, non si fermano al diritto penale processuale ma, correlate ad altre decisioni quadro unioniste, investono anche quello sostanziale. Vi si contemplano, infatti, ben 32 categorie di “reato”, molte delle quali di una così sconfinata genericità che nessuno può sentirsi sicuro di non incappare nelle maglie di qualcuna di esse. Un esempio emblematico è offerto dalla 17ª figura di reato, denominata “razzismo e xenofobia“. La decisione quadro esplicitamente dedicata a questa inedita “figura criminosa”, lungi dal precisarne i già evanescenti confini, li abbatte tutti. All’articolo 3, comma 1, lettera a), essa stabilisce infatti che “per razzismo e xenofobia” deve intendersi “il convincimento che la razza, il colore, la discendenza, la religione o i convincimenti, l’origine nazionale o l’origine etnica siano fattori determinanti per nutrire avversione nei confronti di singoli o di gruppi“. Con questa normativa, sostanzialmente identica come contenuto all’art. 81 della Costituzione europea, l’Ue prevede in pratica la possibilità di punire severamente non azioni, e neppure discorsi, ma semplici pensieri (“convincimenti“). Sottoscrivendo la Costituzione europea, dunque, non solo sarà impossibile tornare indietro rispetto a queste allarmanti (per usare un eufemismo) novità ma, facendole proprie, le si eleva al rango di principi fondamentali. Oltre al citato art. 81, merita infine di essere preso in considerazione l’articolo 270 della Costituzione europea, ove si enuncia l’obiettivo di “definire norme e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l’Unione di tutte le forme di sentenza e di decisione giudiziaria“, dove fra le decisioni che non assumono forma di sentenza rientrano anche, ovviamente, i mandati di arresto. Viene così costituzionalizzato quel principio della competenza territoriale universale che rende operante in Italia, così come in ogni altro Paese dell’Ue, i diritti penali e le decisioni dei giudici di tutti gli altri Stati dell’Unione.


di Antonio Girardi, La Padania 18/02/2005