Come crescere le nuove leve all’odio. Ernesto Galli della Loggia. Perché un giovane palestinese decide a un tratto di diventare una bomba umana e di andare a seminare morte in una pizzeria o su un autobus di Israele? Per molte ragioni, naturalmente; ma tra di esse un posto rilevante spetta di sicuro anche al sistema educativo cui quel giovane è sottoposto.
Si tratta di un sistema educativo imbevuto di pregiudizi e di menzogne anti- israeliane e anti- ebraiche che l’Autorità palestinese ha impiantato nelle scuole sotto la sua giurisdizione, frequentate dalla foltissima popolazione studentesca ( 900 mila ragazzi e ragazze su 3 milioni circa di abitanti) che vive nella striscia di Gaza e in Cisgiordania.Scuole — è bene ricordarlo — che Arafat amministra in seguito agli accordi di Oslo del 1993- 1994 servendosi anche per esse degli imponenti aiuti finanziari della comunità internazionale: più di sette miliardi di dollari dal 1994 al 2002 ( una cifra assai superiore comparativamente a quanto destinato dal piano Marshall al Vecchio Continente nel dopoguerra) coperti per oltre il 50 per cento dall’Unione Europea.
Il sistema scolastico palestinese ha assorbito più del 12 per cento dell’ammontare di questa somma, e tra i Paesi donatori l’Italia ha svolto e svolge un ruolo di primo piano, occupandosi in particolare proprio dello sviluppo del programma scolastico palestinese. Ignoro se un ufficio del nostro ministero degli Esteri o di qualche altro ministero abbia seguito tale programma, ma è certo che, se ve n’è stato uno, il suo responsabile dovrebbe forse qualche spiegazione all’opinione pubblica italiana per l’uso menzognero e ferocemente antiebraico che è stato fatto del denaro del contribuente italiano.
Ne sono una prova i manuali scolastici che da anni l’Autorità palestinese va introducendo nelle sue scuole al posto dei vecchi manuali giordani ed egiziani ( che pure per parte loro non scherzavano) e sui quali ci informa adeguatamente un rapporto redatto da Yohanan Manor, vice- presidente del Center for Monitoring the Impact of Peace ( Cmip), una ongamericana specializzata nell’esame dei testi adoperati nelle scuole dei Paesi arabi: rapporto che leggo in francese con il titolo: Les manuels scolaires palestiniens: une génération sacrifiée , Berg International éditeurs, 2003.
L’elencazione degli errori, delle omissioni e delle vere e proprie falsità ammannite agli studenti palestinesi dalle loro scuole è davvero impressionante. È degno di nota, tanto per cominciare, che in nessun testo si spenda una sola parola sugli accordi di Oslo o si menzioni mai il processo di pace. Ancora più significativo, però, è il fatto che dappertutto si passi nel più assoluto silenzio (o si neghi addirittura) l’esistenza nella regione di luoghi santi della religione ebraica.
Nei manuali palestinesi, come in tutti quelli arabi, anche Abramo è presentato come « un monoteista musulmano e non idolatra» . L’intento evidente è quello di contestare alla radice che gli ebrei abbiano mai avuto con quelle terre un qualche rapporto, affinché così il sionismo possa essere dipinto, per l’appunto, come una « creazione delle potenze imperialistiche nel cuore della Terra Araba, al fine di procurarsi una base in grado di aiutarle contro i Paesi arabi vicini » , nonché venir additato insieme al nazismo come « l’esempio più evidente di ideologia razzista e di discriminazione esistente al mondo».
Ci sono così tutte le premesse per negare nella maniera più assoluta non solo la legittimità ma perfino la stessa esistenza fisica dello Stato di Israele che infatti è letteralmente e vigorosamente cancellato da tutte le carte geografiche che costellano questi testi ( su 28 carte neppure una fa eccezione), così come del resto Israele non viene mai neppure citata con il suo nome. Si parla infatti solo e sempre di « Palestina araba » e si dice, per esempio, che « il Negev costituisce la metà della superficie della Palestina » . Si arriva al punto di cancellare la dizione in ebraico « Eretz Israël » da un francobollo emesso all’epoca del mandato britannico che riportava la suddetta dizione accanto a quella in arabo e a quella in inglese di « Palestine » .Come ci si può immaginare i termini « ebreo » , « sionista » e « israeliano » sono usati in modo assolutamente intercambiabile, e così nel manuale ‘La nostra lingua araba’ si può tranquillamente leggere: « Perché abbiamo il dovere di lottare contro gli ebrei? » , o in Educazione islamica : «Il tradimento e la malvagità sono alcuni dei tratti tipici degli ebrei. Bisogna dunque diffidarne».
Con tali premesse non meraviglia che ai giovani palestinesi venga proposto un esercizio come il seguente: « Spiegare le ragioni che hanno indotto gli europei a perseguitare gli ebrei » ; al quale quesito il manuale in questione ( Storia degli arabi e del mondo moderno ) suggerisce le risposte del caso ( per esempio « l’inclinazione degli ebrei al fanatismo razziale e religioso » ) arrivando alla conclusione che comunque « la persecuzione fu auspicata dagli ebrei stessi » al fine di realizzare la « sionizzazione degli ebrei del mondo».
Del resto non a caso un vago impegno sottoscritto nel duemila da alcuni Paesi arabi e dall’Autorità palestinese per inserire la Shoah nei loro programmi di insegnamento suscitò una sollevazione generale presso le rispettive opinioni pubbliche, e non a caso tale sollevazione si indirizzò contro la « cultura della pace » definita una versione americana della globalizzazione, il cui scopo sarebbe stato «la cancellazione della memoria delle nazioni, del loro retaggio nazionale e della loro storia».
In armonia con questo apprezzamento per la « cultura della pace » i manuali dove studiano i giovani palestinesi presentano la Jihad come « il dovere religioso di ogni musulmano maschio o femmina » sottolineando come « i combattenti Jihad martiri sono le persone più onorate dopo i profeti » . La glorificazione del martirio e del martire ( shahid) è esplicitamente inclusa tra gli obiettivi pedagogici del sistema di istruzione agli ordini di Arafat, il quale — è bene ricordarlo — è stato per parecchi anni proprio ministro dell’Educazione dell’Autorità palestinese. Si legge a chiare lettere in un manuale per gli allievi dell’ottavo livello: « I vostri nemici cercano la vita, voi cercate la morte. Essi cercano le carogne con cui riempire i loro stomaci vuoti, voi cercate un giardino grande come il Cielo e la Terra. Non temete di affrontarli, poiché la morte non è amara nella bocca del credente».
Tutto questo — lo ripeto — è stampato, distribuito e insegnato a spese anche di chi sta leggendo in questo momento queste righe attraverso la Commissione europea nonché un’agenzia apposita delle Nazioni Unite, l’Unrwa. Quest’ultima per la verità ha fatto, sì, qualche tempo fa un timido tentativo di reagire, ma ha rapidamente battuto in ritirata dopo gli attacchi della stampa egiziana che per bocca dell’autorevole « al- Ahram » ha attaccato violentemente la sempre detestatissima « cultura della pace » a suo dire predicata dall’Unesco, nonché il connesso progetto educativo consistente nel voler « cambiare i programmi scolastici dei Paesi arabi per suscitare nei giovani l’avversione alla guerra e dare un’immagine accettabile di Israele».
Comunque l’Unrwa — va detto dietro pressione del Congresso Usa — un tentativo almeno di reagire alle falsificazioni antisemite alle quali vengono educati i ragazzi e le ragazze palestinesi lo ha fatto; il commissario europeo Chris Patten, invece, neppure quello. Si è ipocritamente trincerato dietro il particolare tecnico che Bruxelles si limita a finanziare la produzione e la stampa dei manuali ma non può permettersi alcuna ingerenza né nella loro redazione né nel loro uso: un esempio memorabile, come si vede, di quella dedizione ai valori della democrazia e della verità di cui l’Unione Europea proclama da sempre di essere una rocca inespugnabile.
Il Corriere della Sera 6.5.2004