Ricerca sugli embrioni: Madrid dà il “via libera”
A partire dalla fine di ottobre in Spagna potrà cominciare la ricerca con le staminali embrionali.
Sono bastati sei mesi, al governo di Zapatero, per confermare la tendenza di certa sinistra, in Spagna e non solo in Spagna, a coprire l’annacquamento dei propri obiettivi originari con un anticlericalismo più o meno aggressivo, gabellato come “difesa della laicità dello Stato”. Nel giro di pochi mesi, un vero gioco pirotecnico di proposte e di iniziative ha rimesso in discussione praticamente tutti i punti della legislazione spagnola che più direttamente hanno a che fare con la visione antropologica della persona e della società: liberalizzazione dell’aborto; blocco della legge che dava pari dignità – all’interno della scuola statale – all’insegnamento della religione cattolica; riduzione dei tempi per ottenere il divorzio; equiparazione delle unioni omosessuali ai matrimoni tra persone di sesso diverso, con il diritto anche per le prime di avere figli in adozione; legalizzazione dell’eutanasia; esperimenti sugli embrioni. Contemporaneamente, si è parlato di ridurre i finanziamenti alla Chiesa cattolica.
Di Michela Coricelli
Ricerca con le cellule staminali embrionali ed educazione: in 24 ore, il governo di José Luis Rodriguez Zapatero ha annunciato due novità cruciali per la società spagnola. La prima riguarda la scienza e la medicina. Secondo la responsabile della Sanità, Elena Salgado, a partire dalla fine di ottobre in Spagna potrà cominciare la ricerca con le staminali embrionali. Dopo l’approvazione del Consiglio di Stato, ogni autonomia potrà decidere la sua specializzazione, dalla medicina rigenerativa (Catalogna) allo sviluppo di una Banca nazionale di cellule madri (Andalusia). La decisione è destinata a riaprire la polemica con la Chiesa, profondamente contraria a questo tipo di ricerca. La Salgado ha assicurato di essere “molto rispettosa” nei confronti della Chiesa, sperando che quest’ultima “sia ugualmente rispettosa nei confronti dell’azione del governo”. La Chiesa – ha aggiunto – “ha tutti i diritti di informare i suoi fedeli, e il governo deve legiferare per tutti”. L’annuncio coincide con la riapertura del dibattito parlamentare sull’aborto: i comunisti e i verdi chiedono l’ampliamento dei limiti dell’attuale legge, che depenalizza l’interruzione della gravidanza solo in tre casi. Per ora, il partito socialista non sembra disposto ad appoggiare la richiesta e preferisce rimandare la modifica del Codice penale: “Non è il momento”, ha detto la deputata del Psoe Pilar López. La seconda novità annunciata ieri riguarda la scuola. Il governo ha presentato la sua proposta di modifica della legge organica di “Qualità dell’insegnamento”, approvata – fra le polemiche – dal precedente governo Aznar. Oltre alla scomparsa dell’esame finale per le superiori (simile alla “maturità”), sostituito da un’unica prova di ingresso per l’università, il punto chiave della modifica è “l’ora di religione”. La materia resta facoltativa – come deciso precedentemente – e verrà offerta in tutte le scuole pubbliche, ma la cosiddetta “alternativa” alla religione verrà eliminata e sostituita da “educ azione per la cittadinanza” (una sorta di educazione civica). Nella scuola secondaria verrà creata una nuova materia: “Fatto religioso non confessionale”, a metà fra la storia e la filosofia: tutti gli alunni dovranno studiare obbligatoriamente questa storia delle religioni, che “farà media”. La religione cattolica, invece, non conterà sul voto finale. Con questa formula – offrendo l’insegnamento confessionale in tutte le scuole pubbliche – l’esecutivo sostiene di rispettare gli obblighi imposti dagli accordi dello Stato con la Santa Sede e con altre religioni. Ma c’è un punto poco chiaro: quando si impartirà l’ora di religione (vera e propria)? Potrebbero slittare al di fuori dell’orario scolastico, ad esempio la mattina presto o alla fine delle lezioni? Su questo particolare potrebbero decidere le comunità autonome (le regioni), che mantengono competenze ad hoc sugli orari delle scuole. Per ora, assicura il ministero, il progetto di legge è una proposta, e l’obiettivo è creare – nei prossimi mesi – un dibattito con tutti gli agenti sociali coinvolti.
Avvenire 28 settembre 2004