La teologia di Rosy Bindi
di Mons. Alessandro Maggiolini*
*Vescovo emerito di Como
Prendiamo il caso di Rosy Bindi. Non è l’unico. Ma la virago ha l’aspetto di un crociato. Ieri l’altro, tra l’altro ha detto: «Certo che ho sofferto. Certo che ho avuto paura di dannarmi l’anima. Ma sono convinta che i DICO non siano peccato anzi, credo possano rappresentare semi di bene. È meglio la confusione, la promiscuità, la dispersione dell’amore? O invece la spinta a creare un legame, a dare stabilità agli affetti? Due omosessuali non possono sposarsi: non lo dice solo la Bibbia, ma l’intera civiltà giuridica. Se però prevale in loro l’ispirazione alla visione cristiana dell’amore, anziché alla sua dissipazione, da credente devo dolermene o rallegrarmene?».
Un gran pasticcio. La vergine Rosy Bindi crea una gran confusione. Confonde l’orgoglio gay, il matrimonio cristiano canonico e i DICO. Dopo di che sulla convivenza civile mette una spruzzatina di misericordia e tutto pare si aggiusti con il Padre Eterno, il Verbo incarnato e lo Spirito Santo.
La questione sta dividendo anche i cattolici. Una volta, a esempio, Rosy Bindi e Dino Boffo, direttore di Avvenire e personaggio chiave della stagione di Ruini, erano stati insieme nell’Azione Cattolica. «Siamo stati anche molto amici. Abbiamo cominciato a dividerci sul rapporto con Comunione e Liberazione». Oggi la Bindi chiede di potersi confrontare non solo con la Chiesa e i cattolici dalla sensibilità diversa dalla sua, ma anche con i laici del proprio schieramento, senza essere accusata di tradire principi non negoziabili». Non capisco perché se i cattolici dialogano con i teocon salvano la propria fede, e se io dialogo con i laici del partito democratico la tradisco. Mi piacerebbe che la Cei invitasse anche i politici alle settimane sociali – (magari nella Basilica di San Pietro) – perché sento il bisogno di confrontarmi nelle sedi ecclesiali con Pera, Adornato, Bondi, Ferrara. Forse che non posseggo anche io le categorie della cristianità? Non si tradisce forse la fede riducendola a religione civile, imprigionandola in un modello culturale, strumentalizzandola a sostegno del sistema occidentale, che è solo uno dei molti con cui un messaggio universale come il cristianesimo è chiamato a confrontarsi?». E così per la Bindi la difesa può essere trovata sui DICO e da cercare su bioetica, testamento biologico, fecondazione assistita ecc. «La divisione tra cattolici – sostiene la Bindi – si allarga tanto che a volte sembra quasi che noi e Cl non parliamo dello stesso Gesù Cristo. Per noi è il Figlio di Dio, è Gesù di Nazaret, non è una filosofia. Se Dio per parlare agli uomini si è fatto uomo, in un dato luogo e in un dato momento, come può la Chiesa non essere amica del proprio tempo, non avere una visione positiva della storia, non vedere il volto di Cristo nel volto dell’umanità? Perché a volte la Chiesa prima di evangelizzare, sembra voler giudicare. Ma se Cristo ha accettato che la sua missione venisse portata avanti da noi sgangherati, la Chiesa non deve limitarsi a condannare». Sgangherati. Lo siamo un po’ tutti. Anche noi credenti a 18 carati. Ma ciò non significa che il matrimonio non sia un sacramento fondato da Gesù Cristo e da vivere in grazia di Dio.
Ed ecco qualche lembo di frase di Mons. Bagnasco, il quale non si rassegna a copiare la teologia della Bindi: «Nessuna condanna per le convivenze», ma «è inaccettabile invece creare un nuovo soggetto di diritto pubblico che si veda assegnati diritti e tutele, in analogia con la famiglia. La legge ha anche una funzione pedagogica, crea costume e mentalità. I giovani già oggi disorientati si vedono proporre dallo Stato diversi modelli di famiglia e certo non vengono aiutati a diventare cittadini adulti». A poche ore dalla manifestazione in favore del riconoscimento delle coppie di fatto e delle coppie gay, che ha visto sfilare cartelli con scritte offensive contro il Papa e contro i Vescovi, il nuovo Presidente della Cei, Mons. Angelo Bagnasco, riassume la posizione della Chiesa italiana sull’argomento, ribadendo la contrarietà ai Dico. Sono parole importanti, che con pacatezza e argomenti illustrano la preoccupazione delle gerarchie ecclesiastiche di fronte alla tendenza a riconoscere per legge le scelte dell’individuo, estendendo alle convivenze i diritti della famiglia… «La storia ci consegna questo patrimonio naturale, un dato oggettivo. La comunità sociale riconosce come soggetto importante, nucleo fondante della stessa sussistenza e la tutela, individuando in essa il requisito della stabilità e dell’impegno pubblico». I diritti derivano da questa funzione sociale. È interesse della società tutelare la famiglia, perché così facendo tutela anche se stessa.
Ieri l’altro Benedetto XVI ha parlato della necessità della conversione «come l’unica risposta adeguata ad accadimenti che mettono in crisi le certezze umane». Ha detto il Papa, commentando il Vangelo di Luca: la vera saggezza «è lasciarsi interpellare dalla precarietà dell’esistenza e assumere un atteggiamento di responsabilità: fare penitenza e migliorare la nostra vita». Il Papa ha fatto notare che «le persone e le società che vivono senza mai mettersi in discussione hanno come unico destino finale la rovina».
Il Giornale n. 61 del 2007-03-13