LIBRO DEL GIORNO – (03 dicembre, www.europacristiana.it – Articolo tratto dalle News ) – Un’ Europa affetta dal morbo del relativismo, un Occidente che non si ama, prigioniero ”in quella gabbia di insincerita’ e ipocrisia che e’ il linguaggio politicamente corretto”, insomma un grande continente senza radici. Cosi’ un filosofo laico e un teologo si trovano vicini nel fotografare la condizione morale e storica dell’Europa all’indomani della firma del suo Trattato costituzionale dove, dopo lunghe discussioni, non e’ stato inserito il riferimento specifico alle comuni radici giudaico-cristiane chiesto da Giovanni Paolo II.
Questo riconoscimento e la conseguente affermazione delle radici europee e’ d’altra parte una necessita’ che sta trovando sostegno, non solo fra i cattolici ma anche fra laici come Giuliano Ferrara o Angelo Panebianco. E proprio le contingenze: il crescere dell’immigrazione dai paesi islamici e i problemi dell’integrazione; la guerra in Iraq; la recrudescenza del fondamentalismo, rendono il dibattito sulle ‘radici’ sempre piu’ attuale.
Insomma il mancato riconoscimento delle radici ebraico-cristiane nel preambolo della Costituzione europea, sembrano voler dire Pera e Ratzinger, non ha chiuso la questione, semmai l’ha aperta. E i due autori la aprono a partire dal relativismo, che oggi prende vari nomi: ”pensiero debole”, ”pensiero postmoderno”, ”pensiero postilluministico”. ”Il marketing e’ vario – scrive Pera – ma l’obiettivo e’ lo stesso: affermare che non esistono fondamenti ai nostri valori e che non si possono addurre prove o argomenti solidi per stabilire che qualcosa e’ migliore o vale piu’ di qualcos’altro”.
Il relativismo, secondo Pera, ha influenzato anche la teologia cristiana dopo il Concilio Vaticano II, indebolendo progressivamente la Chiesa il cui portato e’ oggi la sconfitta sul riconoscimento delle radici cristiane nella costituzione europea. Questa incapacita’ di riconoscere e affermare le proprie radici, la propria cultura, i propri valori, si riflette, prosegue Pera, in un empasse linguistico noto come il linguaggio ”politicamente corretto”.
L’Occidente e’ incapace di riconoscere i propri valori, anche perche’ non li puo’ dire perche’ non ha piu’ le parole per farlo, ingabbiato com’e’ nelle forme retoriche del linguaggio ”politicamente corretto”, appunto.”L’Europa – scrive Pera – e’ affetta dal morbo del relativismo, pensa che le culture siano equipollenti, si rifiuta di giudicarle, ritiene che accettarne una, la propria e difenderla sia un atto di egemonia, un gesto di intolleranza, comunque un atteggiamento non democratico, non liberale, non rispettoso dell’autonomia di popoli e persone”. ”L’Occidente – osserva Ratzinger – non ama piu’ se stesso; della sua storia vede oramai soltanto cio’ che e’ deprecabile e distruttivo, mentre non e’ piu’ in grado di percepire cio’ che e’ grande e puro.
L’Europa ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se vuole davvero sopravvivere”. Dal riconoscimento delle proprie radici, della propria cultura e dei propri valori ne consegue, per entrambi, la necessita’ di affermare una religio civilis (”una religione civile cristiana” per Ratzinger, una ”religione cristiana non confessionale” per Pera) che ha il suo padre fondatore in Aristotele (che ai suoi tempi dovette contrastare il relativismo dei sofisti) e nel suo concetto di ‘sapienza pratica’ intesa come ”disposizione vera, accompagnata da ragionamento, che dirige, l’azione, concernente le cose che per l’uomo sono buone e cattive”
”La mia idea – scrive Pera a Ratzinger – e’ che cio’ che occorre e’ una religione civile la quale sappia trasfondere i suoi valori in quella lunga catena che va dall’individuo alla famiglia, ai gruppi, alle associazioni, alle comunita’, alla societa’ civile, senza passare per i simboli dei partiti, i programmi dei governi, la forza degli Stati, e percio’ senza toccare la separazione nella sfera temporale fra Stato e religione”. ”Si potrebbe Formare una religione civile cristiana – risponde Ratzinger a Pera – che non sia una costruzione artificiale di cio’ che e’ presumibilmente ragionevole per tutti, ma una viva partecipazione alla grande tradizione spirituale.