La malia della bontà
Una Chiesa dura sui principi e mite nella pratica, e cardinali più buoni di quanto Cristo stesso chieda…
di Francesco Agnoli
Il cardinal Carlo Maria Martini, non ci sta: non vuole essere annoverato, lui, con fama di cattolico progressista, adulto, già aspirante Papa, tra i cattivi, i duri di cervice, che si oppongono con fermezza all’avanzare della modernità. Tutto è in forse, per lui, dal preservativo, all’aborto, all’eutanasia, alla fecondazione artificiale: non bisogna “condannare”, ma solo aprire la porta, non si sa quanto, né come, né in base a quali principi. L’importante è dire che la porta è aperta, e che tutti, in qualche modo, potranno prima o poi entrarci, in nome di questa o quella peculiarità, di questo o di quel caso pietoso. Martini affida il suo pensiero, totalmente altro da quello della chiesa, non a un dialogo interno ad essa, ma a una intervista coram populo, all’Espresso, lì dove lo ospitano volentieri. Lì, forse, lo avrebbero voluto Papa. Lì sono illuminati, e sanno dare spazio ai cattolici, basta che dicano esattamente ciò che a loro piace.
Il mondo, in senso evangelico, è astuto, ma Martini non lo sa. Lui, al contrario, è solo puro come colomba, non astuto come serpente: più buono ancora di quanto Cristo stesso richieda. E’ facile, in realtà, apparire buoni. Ogni padre, ogni maestro saprebbe come fare, per non essere contestato, né ingiuriato (ma, alla fine, neppure amato). Si sa come agire, per non dover portare la fatica dell’educazione: “Lasciate fare, lasciate passare…”. Alla scuola di Pilato, tutti noi abbiamo imparato a non essere fastidiosi: così è se vi pare, altrimenti, fate vobis, io non me la sento…
Questo il problema: la modernità ci ha insegnato che il bene è forse bello, ma sempre con misura, abilmente mescolato a un po’ di male. Non crediamo cioè, anzitutto noi cattolici (io e Martini compresi), che il bene sia fatto per noi, per la nostra felicità: che ciò che la legge morale ci chiede sia ordinato alla nostra salvezza, non solo eterna, ma anche terrena. Non siamo più neppure pagani: la virtù è parola noiosa, evoca salite, difficoltà, sacrifici, e basta. Non esalta, non stimola il nostro spirito, non fa cantare il nostro cuore. Eppure già Cicerone scriveva che “non vi è mai alcunché di vantaggioso, se in pari tempo non sia moralmente buono; e non perché è vantaggioso è moralmente buono, ma perché moralmente buono è anche vantaggioso”. “Vantaggioso”, per i cattolici, dovrebbe essere tutto ciò che Cristo ci ha insegnato, anche se faticoso: “Il mio giogo è leggero”. Leggero perché, se lui è Padre, non può chiederci nulla che non siamo in grado di sopportare: se ci chiede la castità, la sofferenza, se non ci dona la gioia dei figli, rimane pur sempre il Salvatore, colui che dà infinitamente più di quanto prenda. Noi invece, mancando di fede, siamo spesso convinti che il giogo del mondo sia più sopportabile, più leggero, e che le strade larghe, le pianure aperte, siano più riposanti e più belle delle colline e delle montagne che portano in alto.
Il paradosso dell’amore
Ma Martini, che della Chiesa è un principe, dovrebbe sapere quale è il pensiero e l’azione della sposa di Cristo. Come ha scritto qualcuno, “la Chiesa è per principio intransigente, perché crede; nella pratica è tollerante, perché ama”, mentre spesso il mondo è tollerante per principio, perché non crede, e intransigente nella pratica, perché non ama.
Chi è contro l’aborto? I cattolici, per lo più. E chi aiuta, ogni giorno, centinaia di donne che hanno bisogno di sostegno, non solo per partorire, ma anche per superare il dolore del post aborto? Gli stessi di cui sopra. Non è un vanto, ma una responsabilità. Non si è buoni cedendo sui principi, ma amando nella pratica: difficilissimo, terribile, e per questo nessuno può veramente sentirsi a posto, con le parole. E per il preservativo, l’Africa, l’Aids? Possiamo, senza mentire, insegnare agli africani che la loro salvezza viene dal caucciù? I missionari, più aperti di Martini nella pratica, più intransigenti di lui nei principi, sanno che ciò che conta è educare all’amore: questo è tutto. Là dove il maschio fa spesso quello che vuole, dove vigono la poligamia, la promiscuità, la mancanza di igiene, possiamo affidarci a un po’ di plastica, da usarsi in un certo modo, con tante precauzioni, e che ha, nonostante tutto, un’alta percentuale di fallimenti?
Il preservativo, prescindendo da qualsiasi degradazione accidentale, ha già di per sé fessure, plissettature, cavità, porosità, che lo rendono non di rado inefficace, anche come contraccettivo (Massimo Pelliconi, “Diventerete come dei”, Itaca). Come può proteggere dal virus dell’Hiv, che è 450 volte più piccolo di uno spermatozoo?
Il Foglio 27 marzo 06