CENSURA
Censura sinistra nei libri delle scuole superiori: lodi sperticate per Fo e compagni, silenzio su Guareschi, Flaiano e troppi altri….
Dario Fo, autore e attore, può piacere o non piacere. Si tratta comunque di un Nobel.
Ed è giusto che un’antologia di letteratura italiana per le scuole superiori ne parli. Magari, come fanno Renato e Fiammetta Filippelli, proponendo ai liceali un atto unico recitato da Franca Rame nella contestata “Canzonissima” del 1962 nonché un brano del “Mistero Buffo”.
Solo che le provocazioni di Fo dovrebbero fornire occasioni per percorsi critici, dibattiti, polemiche: allo studente non andrebbe servita l’insipida pappa dello schema, ma la gustosa pietanza del problema. Perché possa scegliere e dire: dietro questa denuncia ci vedo uno spirito libero e un sincero impegno civile. Oppure: no, questo teatro mi sembra troppo fazioso per essere davvero geniale e trasgressivo.
Invece, i Filippelli preferiscono buttarla in “sinistrese”. Osi criticare Fo per la sua contrapposizione manichea tra il bene («la dimensione popolare subalterna») e il male («le classi dominanti»)? Ebbene, sbagli perché sono proprio «la chiarezza della contrapposizione ideologica e la valenza simbolica della demistificazione polemica e della denuncia a conferire al teatro di Fo una carica di rivendicazione valoriale, uno slancio utopistico prezioso per la capacità dell’uomo di interrogarsi costantemente sui valori di un rinnovato umanesimo». (“L’eredità letteraria”, “Il Novecento”, volume terzo, Simone Editore, pag. 350).
Assurde pagelle senza motivazioni critiche
Capperi! C’è da stupirsi che in mezzo a tante magliette con l’immagine del Che, non ce ne sia in giro qualcuna con l’icona del Nobel varesotto. Il quale, ai prof. che erudiscono il pupo, piace da morire: si pensi che Monica Magni e Valerio Vittorini riservano all’opera (immortale?) del Dissacratore la bellezza di 27 pagine (“Fare letteratura”, Paravia). In esse, tra l’altro, si legge che lo scopo fondamentale di Fo è quello di dimostrare «che i potenti hanno sempre avuto modo di legittimare la loro violenza e la loro oppressione attraverso la cultura ufficiale, dalla quale la voce discordante del popolo sfruttato è esclusa». Tesi interessante, anche se un po’ paleomarxista: bene, vogliamo proporre ai diciottenni qualche elemento di dibattito e confronto? Nemmeno per sogno: Fo (di cui si dice che «nel ’44 diserta dall’esercito», ma non si dice nulla dell’esperienza repubblichina) è e deve rimanere un santino. Santini sinistri, ripetiamo, per cui c’è teatro e teatro. Eliot se le sogna le pagine riservate a Brecht!!
Il fatto è che ormai da decenni nel nostro Paese le antologie dedicate al Novecento si contraddistinguono, oltre che per il loro marchio ideologico, quasi sempre di sinistra (comunista o post-comunista, cattocomunista, azionista, radical-chic, progressista in tutte le salse), per il fatto che certi autori vengono sopravvalutati, altri sottovalutati, altri ancora ignorati
Spesso le operazioni censorie sono sottili. Ad esempio, si parla delle riviste fiorentine del ‘900 (“Il Leonardo”, “La Voce”, “Lacerba”) e si accenna ai loro principali animatori (Papini, Prezzolini, Soffici. Ma si fa solo riferimento a qualche articolo; è raro che dei libri venga riproposto un brano. E’ possibile? Paginate del “Mistero Buffo” e nemmeno una pagina dell’”Uomo finito” o della “Storia di Cristo” di Papini, dell”Italiano inutile” o del “Manifesto dei Conservatori”, di Prezzolino, del “Lemmonio Boreo” o di “Kobilek” di Soffici? Proprio così. E nonostante tutto a Papini, Prezzolino e Soffici va ancora bene. Malaparte, al di là di qualche rapida citazione, è snobbato.
Forse in ossequio all’illustre accademico Giulio Ferroni che nella sua “Storia della letteratura italiana. Il Novecento” (Einaudi) così lo liquida: «Le sue numerose opere rivelano di continuo frenetiche intenzioni provocatorie, con soluzioni difficilmente superabilidi volgarità e cattivo gusto» (p. 209).
Povero Curzio! E “Viva Caporetto” “La pelle” “Kaputt” ? Solo troiai, per dirla alla toscana.
Tomasi di Lampedusa “dimenticato”
Guglielmino/Grosser (“Il Sistema Letterario”, Principato) e De Caprio/Giovanardi (“I testi della letteratura italiana”, Einaudi Scuola) forse non la pensano così e del “best seller” parlano, ma perché non offrono allo studente ignaro due-paginette-due del romanzo perché se ne faccia un’idea? Il fatto è che ci sono gli esclusi, i semi-esclusi e quelli che, per dir così, sono “inclusi” anche troppo. Insomma, gli “scolasticamente corretti”. Spopolano nel salotto buono Gadda, Pavese, Fortini, Vittoriani, Fenoglio, Pisolini, Moravia, Elsa Morante, Calvino, Volponi, Buzzati compare qua e là ma di solito è mal sopportato (“Vuoi mettere Kafka?”…).
Giuseppe Berto è dimenticato: i ragazzi d’oggi, dicono i Grandi Fratelli della scuola, troverebbero indigesti “Il cielo è rosso”, “Il male oscuro”, “La gloria”. Digeribilissimo, invece, il compagno poeta Edoardo Sanguineti, frenetico sperimentatore della lingua, che fa la sua bella figura su tutte le antologie: e c’è spazio per i neoavanguardisti del Gruppo 63. Tutto bene ma forse si potrebbe dedicare qualche pagina in più allo sperimentalismo di Marinetti, Soffici, Palazzeschi. E magari ricordare i romanzi di Pea, Viani e Gallian. O no?
Beh, è vero. Si tratta di nomi ignoti ai più, magari anche ai compilatori di antologie. Sconosciuto anche il nazionalpopolarissimo Giovannino Guareschi? Robaccia i suoi romanzi? Tradotti in tutto il mondo, però, e ancora letti e amati; si può deplorare, ma non ignorare. Ma ci vorrebbe un battutista fulminante come Ennio Flaiano per raccontare le miserie di uno scolasticamente corretto che dedica in genere a Croce e a Gramsci uno spazio quattro o cinque volte superiore di quello riservato a Gentile. Peccato: Flaiano se n’è andato. E nelle antologie non c’è.
Mario Bernardi Guardi – LIBERO 4 ottobre ’06