RELIGIONE: nuova sentenza in favore del crocifisso nelle scuole
(Corrispondenza romana) Il 22 marzo scorso, dopo 3 anni di diatribe e di rinvii, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) di Venezia ha confermato l’ammissibilità della presenza del crocifisso nelle scuole statali, respingendo il ricorso avanzato da una finlandese di Abano Terme, la quale aveva denunciato quel simbolo come incompatibile con la “laicità” del sistema scolastico pubblico.
RELIGIONE: nuova sentenza in favore del crocifisso nelle scuole
(Corrispondenza romana) Il 22 marzo scorso, dopo 3 anni di diatribe e di rinvii, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) di Venezia ha confermato l’ammissibilità della presenza del crocifisso nelle scuole statali, respingendo il ricorso avanzato da una finlandese di Abano Terme, la quale aveva denunciato quel simbolo come incompatibile con la “laicità” del sistema scolastico pubblico.
Al contrario delle passate decisioni contrarie alla Croce, a cui è stato dato un grande rilievo mediatico, a questa sentenza dei giudici amministrativi veneti non è stato dato alcun rilievo giornalistico.
Il TAR ha stabilito che “il crocifisso può legittimamente essere collocato nelle aule della scuola pubblica”. Le motivazioni, che qualche giornalista ha definito “metagiuridiche”, sono così espresse nella sentenza: “I valori fondanti di accettazione e rispetto del prossimo, tipici del Cristianesimo, sono stati trasfusi nei princìpi costituzionali di libertà dello Stato, sancendo la condivisione di alcuni princìpi fondamentali della Repubblica con il patrimonio cristiano”.
“Il simbolo del Cristianesimo, la croce – si legge ancora nella sentenza – non può escludere nessuno senza negare sé stessa; anzi essa costituisce in un certo senso il segno universale dell’accettazione e del rispetto per ogni essere umano in quanto tale, indipendentemente da ogni sua credenza, religiosa o meno”.
Secondo i giudici amministrativi, inoltre, “la croce in classe, rettamente intesa, prescinde dalle libere convinzioni di ciascuno, non impone e non prescrive nulla a nessuno, ma implica solo una riflessione sulla storia italiana e sui valori condivisi della nostra società, come giuridicamente recepiti dalla nostra Costituzione”.
Pertanto, “nel momento attuale, il crocifisso in classe presenta una valenza formativa e può e dev’essere inteso sia come il simbolo della nostra storia, identità e cultura, sia come simbolo dei princìpi stessi di libertà, uguaglianza e tolleranza”.
In concreto, questa recente sentenza conferma la tendenza, emersa soprattutto negli ultimi mesi, di giustificare la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole statali, anche in conseguenza del fatto che l’opinione pubblica italiana lo ha difeso con vigore dai vari tentativi di espellerlo dai luoghi pubblici.
Resta però chiaro che la presenza della Croce viene qui permessa solo “nel momento attuale”, in attesa di possibili cambiamenti futuri.
Ma soprattutto viene permessa per una ragione estrinseca e arbitraria; ossia per il fatto che, a quel simbolo, si attribuisce un significato e un valore paradossalmente non religioso ma puramente “culturale” e “umanitario”, anzi “laico” e relativistico: quello della universale e assoluta accettazione di ogni opinione, posizione e persona, senza discriminare nessuno, come ha commentato il giurista Giuseppe Dalla Torre.
Ciò significa, di riflesso, che lo Stato ammette solo un cristianesimo che professi questo pregiudizio dell’assoluta uguaglianza di tutti e di tutto, religioni comprese, proclamandosi implicitamente irrilevante. E così il simbolo della Croce viene travisato e strumentalizzato allo scopo di santificare quel relativismo religioso, morale e culturale che da tempo fonda lo Stato “laico”.
(CR 896/04 del 30/04/05)