Roma, guardie rosse contro il libro che denuncia i gulag

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Violenze. Un collettivo di autonomi della capitale impedisce a Harry Wu di presentare il suo Logai che descrive i lager maoisti ancora attivi in Cina. Il regime di Pechino costringe ai lavori forzati più di 6 milioni di persone, anche a beneficio delle multinazionali

 

 

Hongda Harrywu, l’autore di Laogai, i gulag di Mao Zedong , non ha capito ancora che cosa è capitato venerdì scorso in Via dei Sabelli, quartiere San Lorenzo a Roma, dove un gruppo di autonomi ha impedito con la forza che il suo libro venisse presentato e dibattuto.

Credeva che in Italia, come in tutti gli altri paesi occidentali, dove sta viaggiando per far conoscere la realtà dei campi di concentramento cinesi, fosse lecito criticare con dati e argomentazioni i sistemi del governo di Pechino. Invece Harry Wu, che fra miniere e fattorie del lavoro forzato ha trascorso 19 anni, ha imparato a sue spese che le cose stanno diversamente. Ha dovuto prendere atto che i metodi dell’intimidazione ideologica e fisica sono anche in Italia la regola di chi si richiama alle stesse idee che nella sua Cina hanno preso il potere. Stefano De Matteis, l’editore dell’Ancora del mediterraneo, che ha pubblicato il libro di Harry Wu, è ancora sconvolto. Anche perché il racconto dei fatti che lo hanno visto protagonista e testimone è effettivamente sconcertante: «Avevamo organizzato la presentazione di Laogai di Harry Wu in un locale molto carino del quartiere San Lorenzo. E avevamo pubblicizzato l’iniziativa su Internet come facciamo sempre per questo genere di cose. I primi segnali che nell’aria c’era qualcosa di strano sono giunti la sera di giovedi. Quando dalla circoscrizione arriva una telefonata al gestore del locale che avrebbe dovuto ospitarci dove si diceva che la presentazione del libro poteva avere qualche problema visto che nel quartiere c’era fermento per l’arrivo dei fascisti». Ma che c’entrano i fascisti visto che l’iniziativa è presentata dalla Laogai Reserch Foundation? «Semplice», dice De Matteis, « non c’entrano nulla. Solo che nel sito nazionale di Forza Nuova l’iniziativa che era pubblica era stata a sua volta pubblicizzata. E così venerdì si sono presentate una cinquantina di persone che ci hanno chiesto di che natura fosse la presentazione di questo libro».

«Gli ho spiegato», racconta ancora De Matteis, «che sono un editore, che il libro di Harry Wu parla della repressione cinese contro la dissidenza, gli spiego che nella stessa collana in cui è stato pubblicato Laogai sono usciti libri che denunciano altre forme di dittatura e di sistemi di distruzione dell’uomo». Ma gli autonomi non sembrano interessati alle argomentazioni dell’editore: «Siete strumentalizzati dalla destra», gli dicono, promettendo di scatenarsi nel caso si fosse tenuta la presentazione.

«Ho preferito annullare tutto», racconta De Matteis, «non potevo consentire che la presentazione di un libro avvenisse con la scorta dei carabinieri, in un locale presidiato e con il rischio di incidenti se si fosse presentato tra il pubblico qualcuno che, secondo la ronda con cui avevo parlato, non avrebbe dovuto esserci».

E infatti la presentazione non si tiene. Nei forum su Indymedia il portale di autonomi, disobbedienti e no global, c’è chi esulta: «Serranda del bar abbassata, nessuna presentazione e due ceffoni a chi li meritava». Ma c’è anche chi chiosa: «Il problema è che se un barista si permette di ospitare nel suo locale una iniziativa del genere ci sono tre spiegazioni: o è protetto dalle dalle guardie, o San Lorenzo non gli fa paura, oppure è uno scemo di guerra». “Protetto dalle guardie”non si direbbe visto che la polizia non è intervenuta e che in Via dei Sabelli la legalità è rimasta sospesa per ore. Su Indymedia non mancano nemmeno i commenti su Harry Wu, l’autore di Logai : «È uno che ha scelto Washington come base. E poi non risulta che prima dei Laogai la Cina splendesse per libertà (a parte il babbo di Harry). In quanto alla sua percezione dei diritti umani nel mondo, ci sono cinesi che si lamentano delle condizioni di lavoro trovate proprio qui… Insomma, o si deve aggiornare o non ce la racconta giusta».

Sono parole infami, anche perché quell’ “aggiornare”assomiglia molto al termine “rieducare”che in Cina usa il regime per rinchiudere nei gulag i non allineati. Gulag di cui non si può parlare perché così ha deciso una manciata di guardie rosse di un collettivo di San Lorenzo. Perché non si deve sapere, come denuncia Harry Wu, che nei più di mille laogai attivi in Cina 6 milioni di persone sono costrette a lavorare in condizioni disumane a profitto del governo di Pechino e di numerose multinazionali. Non si deve sapere che in Cina si susseguono a ritmo incessante aborti forzati, sterilizzazioni coatte, esecuzioni di massa con relativa vendita di organi freschi. «Dopo il fallimento in tutto il mondo dei regimi comunisti», dice ancora incredulo Harry Wu, «sono sbalordito del fatto che ci sia ancora in Italia chi, nel nome della repressione, dell’intolleranza e del disprezzo delle più elementari nozioni di civiltà, impedisca la divulgazione dei crimini che ogni giorno si commettono in Cina».


di Riccardo Paradisi


L’INDIPENDENTE 19 settembre 2006