Russia: nostalgia del passato stalinista

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Più che perestrojka, nostalgia. La Russia è ancora «stalinista»

Tre sondaggi rivelano: se Stalin fosse ancora in vita oggi un quarto degli elettori lo eleggerebbe Presidente…

Molti rimpiangono il dittatore, i giovani ne ignorano i crimini e i libri critici spariscono…
Provate a immaginare cosa succederebbe se un ambulante decidesse di vendere su una bancarella di fronte alla porta di Brandeburgo, a Berlino, fotografie di Hitler e gagliardetti con le croci uncinate: l’opinione pubblica insorgerebbe. Ma se andate a Mosca, passeggiando per l’Arbat potete comprare statue, manifesti, bandiere, cappelli con l’effigie di Stalin. Sebbene i crimini comunisti non siano stati meno orripilanti di quelli nazisti, quel che in Germania è inaccettabile, in Russia è normale.


Tre sondaggi condotti da una società specializzata, la Levada Analytic Center, per conto di due ricercatori americani, Sarah E. Mandelson del Center for Strategic and International Studies e Theodor P. Gerber, docente di sociologia dell’Università del Wisconsin, hanno dato risultati sconcertanti: se il dittatore georgiano fosse ancora in vita oggi un quarto degli elettori lo eleggerebbe Presidente; mentre la maggior parte dei giovani sotto i trent’anni giudica con una certa benevolenza quel periodo storico ed è persuasa che Stalin abbia fatto complessivamente più bene che male. Oggi sono meno del 40% i russi che dichiarano senza esitazione il loro antistalinismo.
Di quei sondaggi ha parlato qualche settimana fa Foreign Affairs, prestigiosa rivista americana di politica internazionale, ma nessuno ha protestato. Qualche politologo vi ha letto la conferma alla teoria secondo cui le tendenze autoritarie sarebbero congenite al popolo russo; alcuni studiosi ne hanno ridotto il significato all’equivalente slavo dell’italico «si stava meglio quando si stava peggio».


In realtà questi dati sono inquietanti non per il loro attuale significato politico, ma perché dimostrano che a quindici anni dal crollo dell’Urss e a 53 dalla morte di Stalin, i russi non hanno ancora fatto i conti con il proprio passato. Certo, oggi Aleksandr Solzenicyn vive a Mosca e molti intellettuali e docenti continuano a denunciare i crimini di quel periodo; ma la loro voce non giunge più al popolo.
Nelle scuole l’era delle purghe viene trattata con compiacente neutralità, il ruolo di Stalin nella Seconda Guerra mondiale ingigantito, la sua sanguinosa irriconoscenza nei confronti dei vertici dell’Armata Rossa sistematicamente taciuta. I saggi più dolorosamente critici – come quello di Igor Dolutosky, Storia nazionale del ventesimo secolo – nel 2003 sono stati tolti dalla lista dei libri di testo.
Putin è persuaso che la Russia non sia ancora pronta ad affrontare un processo di espiazione pubblica simile a quello condotto dalla Germania dal dopoguerra ad oggi. Pensa che la nuova identità nazionale possa sorgere senza rinnegare del tutto il passato sovietico. La sua è una speranza o, forse, un abbaglio.


di Marcello Foa
Il Giornale n. 56 del 08-03-06