Nel sud dell’India le operazioni di soccorso per le vittime dello tsunami ignorano i Dalit, un gruppo etnico che non appartiene a nessuna casta ed è al gradino più basso della gerarchia sociale del paese. Lo riferisce il capo del Jesuit Social Apostolate per il sud-est asiatico, dopo aver visitato la città di Nagapattinam, nella regione costiera del Tamil Nadu.
P. Joe Xavier, dal suo quartier generale a Mumbai, denuncia ad AsiaNews che le comunità dei pescatori e dei Dalit di Nagapattinam sono state entrambe colpite dal maremoto del 26 dicembre scorso, ma “solo i pescatori hanno ricevuto gli aiuti del governo e delle organizzazioni non governative” (Ong).
Durante il viaggio nel Tamil Nadu egli ha visto palesi “discriminazioni verso i Dalit: lungo le linee della costa, le Ong lavorano per i pescatori, ma nessuno si sta muovendo per aiutare i Dalit” e anche “il governo li ignora”. Secondo il religioso “si stanno affrontando in maniera adeguata i bisogni dei pescatori dando loro compensi, cibo, vestiti e altri generi di prima necessità, ma i Dalit non hanno nemmeno un posto dove andare”.
P. Xavier sottolinea che a Nagapattinam “i pescatori godono di maggiore considerazione dei Dalit a livello sociale ed economico e questa prolungata ineguaglianza si sta facendo sentire anche in occasioni dei soccorsi per le vittime del maremoto”.
Un gruppo di gesuiti si è recato nella zona per lavorare accanto alle altre Ong; p. Xavier illustra il lavoro svolto dai religiosi nell’area flagellata dal passaggio dell’onda anomala, che è rivolto “al soddisfacimento dei bisogni dei pescatori” sebbene l’attenzione sia incentrata in particolare “sui Dalit, perché ricevano le attenzioni che meritano. Chiediamo che il governo si prenda cura di loro e soddisfi le loro esigenze”.
In città il maremoto ha ucciso migliaia di persone, fra le quali 900 bambini che stavano giocando sulla spiaggia. Tra le vittime c’erano anche pellegrini in visita al santuario mariano di Nostra Signora a Vailankanni.
I pescatori, che vivono lungo le coste, sono quelli che hanno subito le maggiori perdite in vite umane, mentre i territori dei Dalit si trovano nell’entroterra; ma chi ha subito più danni materiali, sottolinea p. Xavier, sono i Dalit perché “hanno perso le case, i campi sono stati inondati dall’acqua marina e i loro rifornimenti spazzati via”. La loro situazione è resa ancora più difficile “dalla mancanza di acqua potabile, perché i pozzi sono stati contaminati”. Un altro problema è legato all’economia della zona, perché “per la loro sopravvivenza essi dipendono dai pescatori: comprano il loro pesce e lo vendono nei villaggi”.
Del resto le discriminazioni verso i Dalit non sono una novità: essi un tempo erano considerati “intoccabili”, da sempre caduti al gradino più basso della rigida gerarchia sociale indiana. In molte aree essi sono tuttora emarginati e oppressi.
L’impegno dei gesuiti fra i sopravvissuti alla tragedia ha l’obiettivo di migliorare i rapporti fra la comunità dei pescatori e i Dalit: secondo p. Xavier “l’obiettivo non è secondario” e per realizzarlo i religiosi “studiano strategie da sperimentare nei prossimi mesi per dare più potere ai Dalit e per promuovere il rispetto reciproco fra le due comunità”.
P. Xavier chiede l’intervento degli psicologi per aiutare i pescatori a riprendere il proprio lavoro, nonostante il trauma subito; egli ribadisce che ora “bisogna affrontare le necessità del lungo periodo e aiutarli a tornare in mare, altrimenti non riusciranno a sopravvivere”.
“La loro agonia mentale – afferma il religioso – è immensa e va affrontata: per questo cerchiamo esperti che sappiano aiutare queste persone a tornare alla normalità il prima possibile”.
P. Xavier ricorda infine che “già essere sopravvissuti alla tragedia è una fortuna” e il passo successivo sarà “il ritorno alla vita di tutti i giorni”.
Da AsiaNews, 10 gennaio 2005