RESPINTA LA MOZIONE DELLA CDL SUI CONTRIBUTI PER LA PRIMA CASA ALLE GIOVANI COPPIE – LORENZETTI, “ABBIAMO APPLICATO LA DELIBERA CIPE DEL 1981 SULL’EDILIZIA CONVENZIONATA”. Il silenzio della Presidentessa e del Vice Presidente “cattolici”.
(Perugia) Acs, 20 aprile 2004 – Il Consiglio regionale non ha approvato la mozione con la quale il centrodestra chiedeva di annullare la delibera che disciplina l’assegnazione dei contributi per l’acquisto della prima casa, “perché sostanzialmente invariata rispetto alla prima stesura, con il pieno riconoscimento dei diritti, sia alle famiglie sposate che alle coppie di fatto”.
Contro il testo delle mozione, presentata congiuntamente da Enrico Sebastiani (Udc), Fiammetta Modena (Fi) e Pietro Laffranco (An), hanno votato 15 consiglieri del centrosinistra e Maurizio Donati (Italia dei Valori), si è astenuto Carlo Ripa di Meana (Verdi ecologisti); 9 sono risultati i voti favorevoli espressi dai (Fi, An, Udc) che sull’argomento avevano richiesto la convocazione di una apposita seduta dell’assemblea.
Alle critiche del centrodestra (Sebastiani, Rossi e Zaffini) ha risposto la presidente della Giunta Maria Rita Lorenzetti ricordando che l’atto, modificato il 10 marzo, tiene conto in primo luogo del numero dei figli di ogni nucleo familiare e delle difficili condizioni sociali in cui versano soprattutto le famiglie con un solo genitore, “quelle a maggior rischio povertà che nelle indagini sociali, a cominciare da quelle della Caritas, si collocano ai primi posti del disagio economico”.
Sui criteri, ha spiegato la Lorenzetti, “ci siamo attenuti ai alla nota Delibera Cipe del 1981, dell’allora ministro democristiano Carlo Donat Cattin con cui si disciplina, ancora oggi, l’assegnazione dei contributi per l’edilizia residenziale pubblica. Già da allora di dava per scontato il riconoscimento delle unioni di fatto e si estendevano i diritti alle unioni more uxorio ed ai conviventi da lungo tempo anche se non parenti”.
Lo Lorenzetti ha ricordato i tagli del governo, “è stato dimezzato il fondo sociale e quello per gli affitti, ma l’Umbria lo ha raddoppiato assieme a quello per la casa”. Sul merito dei contributi, ha spiegato, “abbiamo deciso di limitare l’intervento a pochi comuni per non disperdere le risorse con interventi insignificanti”.
Illustrando la mozione Enrico Sebastiani ha parlato di “grave scivolone” della Giunta umbra, che ha ignorato lo statuto appena approvato, mentre altre regioni, fra le quali, Emilia Romagna, Toscana e Piemonte, hanno rispettato il concetto di famiglia riconosciuto dalla Costituzione italiana ed hanno riservato al Consiglio la fissazione dei criteri sottolineando l’importanza della materia. Critico Sebastiani anche con la decisione di riservare i fondi a soli 12 comuni, prevedendo contributi singoli troppo alti, di 25 mila euro, che finiranno per beneficiare solo 80 coppie, a fronte di una necessità ben più sentita ed estesa in tutto il territorio regionale. Meglio, per Sebastiani, sarebbe stato prevedere garanzie su mutui piuttosto che contributi a fondo perduto. In Umbria ha precisato “sono 25.087 le famiglie regolarmente sposate penalizzate da questo provvedimento, mentre le unioni di fatto non superano le 5.000”.
Per Luciano Rossi (Fi) il provvedimento della Giunta è grave perché viene a cadere nell’Anno internazionale della famiglia, proclamato dal ministro Maroni con una ottica di interventi programmati dal Governo che puntano a fissare un reddito familiare pro capite per ridurre ulteriormente le tasse a carico delle famiglie meno abbienti ed a favorire una maggiora natalità. A suo giudizio, “la famiglia tradizionale non è patrimonio della sinistra. E’ dovuto intervenire il Vescovo di Perugia per modificare la prima delibera; ma nonostante il ripensamento, persiste nella equivoca equiparazione fra famiglie legittime e coppie di fatto”.
Per Franco Zaffini (An) “Il nuovo statuto distingue chiaramente famiglia e unioni di fatto, per cui è una vera e propria truffa giuridica, la delibera che, anche nella ultima versione, estende i diritti alle coppie di fatto. Per questo occorre ritirare l’atto dimostrando buon senso. Sulla entità del contributo, sarebbe stato più produttivo istituire un fondo di garanzia piuttosto che contributi a fondo perduto”. GC/gc
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