INTERVISTA
Don Fortunato Di Noto: colpire la cupola dei pedocriminali
Don Di Noto con la sua associazione Meter, da anni in prima linea contro le organizzazioni pedo-criminali nel mondo, è punto di riferimento per le polizie italiane e straniere
È conosciuto in Italia e all’estero come “il prete antipedofili” ma don Fortunato Di Noto rifiuta questa definizione: “Il nostro è un cammino accanto al dolore delle piccole vittime e delle loro famiglie, non la caccia al pedofilo. Non siamo giustizieri, noi”.
Però don Di Noto con la sua associazione Meter, da anni in prima linea contro le organizzazioni pedo-criminali nel mondo, è punto di riferimento per le polizie italiane e straniere.
Un bilancio in cifre?
Dal 2002 abbiamo denunciato 17.051 siti pedopornografici alla Polizia postale, che li ha oscurati. Solo nei primi sei mesi del 2004 in Italia ne abbiamo scoperti 91. E al nostro Centro di ascolto si sono presentati 281 casi, spontaneamente: per noi lavorano come volontari psicologi, avvocati, magistrati, religiosi…
Avrete incastrato tanti pedofili, dunque.
In tanti anni per le mie segnalazioni molti sono finiti in carcere, ma tengo a dire che ho sempre agito, per quel di mia competenza, solo di fronte a prove certe, anche fotografiche: non basta il racconto dei bambini. Anzi, il Centro di ascolto di Meter funge anche da dissuasore quando ci rendiamo conto di trovarci di fronte a un “falso abuso”, magari a una vendetta tra coniugi separati. Si rivolge a noi, al “nemico”, persino qualche pedofilo pentito: segno però che c’è un vuoto sociale, in Italia.
Basta navigare nei siti pedopornografici per essere pedofili?
Occorre distinguere: esistono i pedofili veri – per devianza o perversione – e gli imbecilli occasionali, che incappano in Internet senza abusare concretamente dei bambini: purtroppo questi sono la maggior parte degli indagati. È urgente invece scoprire i pedofili criminali, ovvero chi pedofilo non è ma lucra sul maniaco vero, sfrutta i bambini, li violenta, li fotografa, li filma, persino li uccide. Ho visto con i miei occhi lo stupro di neonati, e di bambini disabili.
Con i suoi occhi?
Nei video. In fondo Internet ha favorito l’Interpol: prima il pedofilo era isolato, agiva nel garage o in soffitta, ora in Rete c’è u na vera comunità di relazione, con scambi di materiale, persino agenzie di stampa pedofila aggiornate più volte a settimana. Un business gigantesco che vive sull’olocausto silenzioso di migliaia di piccole vittime.
O riusciamo a raggiungere i livelli elevati di questa cupola internazionale, magari ascoltando i “pentiti” come per la mafia, o non vinceremo mai.
Come intervenire capillarmente sul territorio?
La Chiesa è sempre stata la più presente su questo fronte. Molte diocesi hanno già sportelli di ascolto e parecchi vescovi hanno aderito al nostro progetto di un corso di aggiornamento per il clero e i laici sulla pedofilia: per la Chiesa è un impegno forte stare dalla parte dell’infanzia, intervenire senza allarmismi e senza creare mostri, nel segno della giustizia e contro la cultura del sospetto.
Quello del “falso abuso” è infatti un problema reale quanto quello della pedofilia.
Questo perché raccogliere il racconto di un bimbo è un’operazione che richiede operatori di altissimo livello: in tanti anni ho visto perizie ottime ma anche da mani nei capelli.
I processi di piazza poi distruggono gli innocenti, e a volte si tratta di terrorismo puro: don Giorgio Govoni, morto di crepacuore dopo l’accusa di pedofilia, fu poi assolto e riabilitato ma nel sito dei Raeliani, gli stessi che dicono di aver clonato il primo essere umano, compare ancora oggi come pedofilo, in un testo che invita i genitori a tenere i figli lontani dai sacerdoti. Che amarezza…
Si vorrebbe nascondere la gigantesca opera quotidiana della Chiesa dietro accuse ignobili.
Si pensi che in 20 anni sono stati trovati realmente colpevoli quindici religiosi. Su 48mila sacerdoti in Italia. E che il Papa prima di tutti ha manifestato la sua angoscia per fatti che “gettano una pesante ombra di sospetto su tutti gli altri benemeriti sacerdoti che svolgono il loro ministero con onestà e coerenza, talora con eroica carità”. Don Govoni era uno di questi.
di Lucia Bellaspiga
Avvenire 18 luglio 2004