LE TECNICHE DELLA GUERRA RIVOLUZIONARIA
Vorrei anzitutto precisare, per dovere di obiettività, qualche limite della guerra rivoluzionaria.
È mio personale convincimento, ad esempio, che Mao-Tse-tung in particolare, e i comunisti nel loro complesso più in generale, non abbiano teorizzato né codificato compiutamente la guerra rivoluzionaria. Essi ne hanno compreso lo spirito e adattato qualcosa che già esisteva ad uno schema loro, alla loro rivoluzione e alla loro concezione dialettica della storia. Questo qualcosa che già esisteva, Mao-Tse-tung lo ha appreso, più che da Sun Zu, da testi occidentali, e precisamente da Clausewitz, da von Mohke e – perché no? – forse anche da Machiavelli. In effetti, Mao-Tsetung – ha imparato da questi testi
principalmente a ragionare con fredda logica sulla guerra “tout-court”, prima ancora che sulla guerra rivoluzionaria; alla quale ha poi applicato gli stessi metodi.
Vediamo appunto cosa dice Clausewitz e cosa dice Mao-Tsetung sulla guerra, e come da tali concetti si arriva alla guerra rivoluzionaria. Clausewitz afferma: “La guerra è un atto di forza che ha per scopo di costringere l’avversario a sottomettersi alla nostra volontà”. La definizione di Mao-Tse-tung è più particolare di quella di Clausewitz, se vogliamo più dettagliata, ma anche meno limitata; essa consente cioè di adattarsi anche a conflitti di tipo non ortodosso, come è appunto il caso della guerra rivoluzionaria. Scrive Mao-Tse-tung: “L’obiettivo della guerra è senza altro quello di conservare le proprie forze e annientare quelle del nemico. Annientare il nemico signi***** disarmarlo o comunque privarlo dei suoi mezzi di resistenza, e non distruggerlo in senso fisico…” – ecco qui un concetto sulla guerra in generale, che si attaglia benissimo alla guerra rivoluzionaria – “Va sottolineato che l’annientamento del nemico è l’obiettivo principale della guerra, mentre la conservazione delle proprie forze è solo l’obiettivo secondario…”. La frase finale è soltanto una forma cinese per esprimere il concetto ben più lapidario di von Moltke: “La miglior difesa è l’attacco”. In verità, come abbiamo detto, prima ancora di leggere Sun Zu, Mao-Tse-tung ha studiato a fondo Clausewitz e von Moltke. Gli occidentali, al contrario, li hanno del tutto dimenticati. Tanto è vero che continuano, nella generalità dei casi, a restare sulla difensiva.
Lasciamo ora la guerra in generale e veniamo alla guerra rivoluzionaria, e precisamente agli scopi che essa persegue. La guerra rivoluzionaria, come è stato più volte detto, si prefigge principalmente la conquista delle popolazioni. Cerca cioè la decisione fuori del campo di battaglia, nel cuore gel paese nemico, per paralizzarne dal di dentro la volontà e la capacità di resistenza. Potremmo qui citare una frase di von der Goltz, che sembrerebbe quasi formulata di proposito per il caso nostro: “Si tratta non tanto di annientare i combattenti nemici, quanto di annientare il loro coraggio”.
Attraverso la conquista delle popolazioni, la guerra rivoluzionaria trasforma l’uomo stesso in arma, sia che l’interessato ne abbia coscienza, o meno. Nel secondo caso, l‘uomo-arma diviene palesemente un “robot”; ma anche nel primo, finisce spesso per divenirlo; perché, se conserva la coscienza del proprio stato, rinuncia tuttavia a una volontà propria, e quindi rinuncia ad essere libero.
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