Da Il Foglio- Martedì 8 luglio 2008
La barca di Vittorio e l\’aborto di Valeria. Due come tutti noi
Lo spiacevole impalcarsi a giudici delle (altre) donne, per insegnare cosa dovrebbero o non dovrebbero fare dei loro legittimi consorti, lo lasciamo alle Lidie Ravera e al loro preteso femminismo, sinistrismo, moralismo.Non abiamo mai puntato il dito sulle donne e le loro persone. Nemmeno su quelle che hanno abortito per partecipare ad un reality show. O per altri futili motivi, e ce ne sono. Non lo faremo nemmeno per una dona che ai piani alti del reality italiano c\’è arrivata da tempo, Valeria Marini, e ora racconta della sua ultima gravidanza, per la quale era disposta a qualsiasi sacrificio". Solo che quando ha dato "la notizia a Vittorio, la sua risposta è stata: \’E come facciamo ad andare in barca?\’ ". Così che "di comune accordo abbiamo deciso di interrompere la gravidanza".
Quel che conta dire, senza la spocchia dell\’avevamo detto, è esattamente ciò che nessuno vuol sentirsi dire: trent\’anni di mentalità abortista hanno trasformato l\’aborto dal "dramma" clandestino che una legge intendeva abolire in una banale pratica anticoncezionale.
Moralmente indifferente, comoda, a disposizione.
Per cui un bambino può valere meno di una gita in barca di una coppia mondana e facoltosa.
E\’ un problema morale, e non basta a rimuoverlo l\’esistenza della legge. Invece la mentalità corrente è tale che la signora in questione ha pure specificato che un figlio oggi, lo vorrebbe pure adottare.
Ma "la legge italiana non me lo consente perchè sono single". Si dovrà fare dunque un\’altra legge, per il nuovo desiderio?
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