Daniele Marchetti, consigliere regionale della Lega in Emilia-Romagna, ha svolto una efficace azione (vedi qui) intesa a capire come il Partito Democratico stia applicando la L.R. 15/2019 sull’omotransfobia.
E’ noto che molto spesso il PD sperimenta nella regione rossa ciò che poi farà a livello nazionale: è questo il caso anche del DDL Zan.
Qui trovate le domande di Marchetti e qui le risposte.
Ora una sintesi in cui i virgolettati sono tratti dalla risposta ufficiale della Regione Emilia-Romagna.
Il PD conferma: l’omofobia non è un’emergenza. «Per il solo 2019 l’OSCE avvalendosi del suddetto contributo segnala 107 casi, in Italia, di atti discriminatori per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere».
Cioè ca. 5 casi all’anno per regione, e l’OSCE prende i dati dall’OSCAD (Polizia) e dall’UNAR (che è espressione del Governo).
Il lavoro delle forze dell’ordine non sarebbe affidabile: «la disponibilità di dati quantitativi a livello nazionale che coinvolgano direttamente e/o indirettamente la popolazione LGBT+ e rispettino criteri di qualità e affidabilità dei dati è molto limitata».
Secondo il PD non ci si deve limitare alle Leggi per capire cosa è discriminatorio. «La concettualizzazione del fenomeno discriminatorio non può limitarsi alle categorie normative-legislative […] e a indicatori di tipo oggettivo (discriminazioni subite o reali) […]
Le denunce non rappresentano il fenomeno delle discriminazioni […] nella sua globalità perché alcuni comportamenti, pur avendo una chiara matrice violenta, non sono sempre rilevanti sul piano penale o sono difficili da provare in sede giudiziaria».
Perciò è necessario inventare nuovi reati immaginari e psico-reati. Si dovranno «contemplare aspetti che afferiscono alla sfera della percezione quali: microaggressioni che inviano messaggi denigratori […], “insulti sottili” verbali, non verbali e/o visivi diretti alle persone spesso in modo automatico o inconscio».
Chi deciderà questi nuovi reati, oggi assenti dal Codice penale? «Le associazioni coinvolte in relazione al tavolo di confronto promosso dall’Assessorato Pari opportunità e sulle tematiche di cui alla presente», ossia 20 associazioni, tutte LGBT (di cui 8 sezioni Arcigay), metà delle quali non iscritte ai registri del non-profit.
Il PD rifiuta di dire quanti soldi sono previsti per contrastare l’omofobia. «Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge si fa fronte con le risorse autorizzate con riferimento alle leggi regionali vigenti di settore».
Considerando che metà del “tavolo di confronto” NON è iscritto ai registri regionali del Terzo Settore e, quindi, può ricavare profitti dalla propria attività, c’è il rischio che il denaro pubblico sia speso in modo poco chiaro, come già denunciato alla Corte dei Conti in occasione di un Festival gender nell’Unione Reno-Galliera (vedi qui).
La Regione a guida PD, ancora una volta, non ha preso precauzioni per evitare che il denaro pubblico vada a privati. «Dopo l’approvazione dei progetti, sia agli Uffici di Piano che alla commissione regionale, con la D.G.R. di approvazione delle graduatorie è richiesto un monitoraggio, in fase di realizzazione, nella misura pari ad almeno il 25% dei progetti assegnatari di contributi, in fase di realizzazione».
Il DDL Zan sarà presto votato in Senato. Occorre che ognuno si attivi perché questa non è solo follia, ma è follia ideologica.
Né si tratta di teorie o ipotesi, ma di documenti ufficiali su fatti che sono in corso.
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